TRANSUMANZA

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lunedì 31 maggio 2010

LUNA PIENA -- Vesakha Puja -- venerdì 28 maggio 2010

Immenso è il beneficio
che deriva dall'onorare
chi è puro, chi è andato oltre la paura.
Gli esseri che hanno trovato libertà
da dolore e da angoscia
sono degni di onore.

Dhammapada 195-196

È la virtù dentro di noi che vede la virtù negli altri. Quando
onoriamo questa o quella virtù in un’altra persona, quelle stesse
qualità vengono nutrite dentro di noi. Mettiamo in alto le immagini
del Buddha in modo da poter alzare gli occhi verso di loro e verso
quello di cui sono simbolo. Oggi è il giorno dell’anno in cui ci
riserviamo un tempo speciale per ricordare la nascita, l’illuminazione
e la morte del nostro maestro il Buddha. Che privilegio aver fiducia
in un sentiero di pratica che considera il dolore e la paura
insegnamenti. Queste sensazioni non sono chi o cosa siamo, siamo molto
di più. Nell’inchinarci al nostro maestro il Buddha, apprendiamo a
inchinarci nella vita e nella morte e a imparare da ogni cosa.

Con Metta

Bhikkhu Munindo

(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)
(Scusate per il ritardo!)

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Santacittarama
Monastero Buddhista
02030 Frasso Sabino (RI) Italy

Tel: (+39) 0765 872 186 (7:30-10:30, tutti i giorni eccetto lunedì)
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mercoledì 26 maggio 2010

Viverealtrimenti editrice: per una “globalizzazione dal basso”.

È giunto il momento di inaugurare la casa editrice del Progetto Viverealtrimenti di cui rappresenta il terzo pilastro (il primo ed il secondo sono costituiti dal presente blog-magazine e dal sito www.viverealtrimenti.com).
Naturalmente ha presupposto un lavoro relativamente lungo e faticoso ma, la scorsa settimana, hanno finalmente visto la luce i primi due titoli, presentati in questo stesso post dopo aver delineato, in maniera molto generale, lo spirito della nuova editrice ed aver sommariamente presentato l’editore.


Viverealtrimenti editrice: per una “globalizzazione dal basso”.

Dopo un’intensa gavetta nell’editoria radicale ed alternativa, abbiamo voluto osare di fondare questa nuova casa editrice per offrire maggiore spazio a quanto accade nel mondo meno raccontato da libri e giornali o per raccontarlo in maniera più focalizzata.
La Viverealtrimenti non vuole limitarsi a dare voce ad una fascinosa “marginalità” ma, talora in controtendenza rispetto alla tradizionale cultura alternativa, intende contribuire a portare sperimentazioni politiche, sociali ed esistenziali ed alcune avanguardie culturali fuori dalla penombra.
Viverealtrimenti vuole dunque concorrere alla realizzazione progressiva di una cultura ed una società realmente plurali, cavalcando le migliori opportunità offerte dalla globalizzazione e promuovendo una “globalizzazione dal basso”, sondando i recessi del mondo, asiatico, emergente (senza trascurare alcuni piccoli e grandi tesori dell’Occidente) e creando ponti di dialogo e di mutuo appoggio in uno spazio planetario oramai ravvicinato.
Incoraggiare il lavoro in rete, sul criterio della valorizzazione delle affinità e la smitizzazione di troppi, fuorvianti luoghi comuni rappresentano dunque le ragioni d’essere fondanti di questa nuova editrice (un po’ provocatoriamente) “Sì Global”.

L’editore

Manuel Olivares, sociologo di formazione, vive e lavora, la maggior parte del suo tempo, tra Londra e l’India. Esordisce nel mondo editoriale, nel 2002, con il saggio Vegetariani come, dove, perchè, pubblicato dalla casa editrice radicale Malatempora. L’anno successivo, con la medesima editrice, pubblica Comuni, comunità ed ecovillaggi in Italia, il primo lavoro organico, nel nostro paese, sull’argomento, recensito da radio e giornali.
Nel 2007 pubblica Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo, allargando il focus della ricerca: una co-edizione Malatempora/AAM Terranuova.
Nel 2009 fonda la propria editrice, Viverealtrimenti, per esordire con
Un giardino dell’Eden, il suo primo testo di fiction e Comuni, comunità, ecovillaggi, il suo terzo lavoro su un antico e moderno movimento di comunità sperimentali ed ecosostenibili.

Sinossi di Comuni, comunita’, ecovillaggi

Un libro frutto di oltre 8 anni di ricerca teorica e sul campo; un excursus che, dalle prime comunità essene, giunge ai moderni ecovillaggi tentando di non trascurare nessuno:
esponenti radicali della riforma protestante, socialisti utopisti, anarchici,
hippies, kibbutzniks, ecologisti più o meno profondi e new-agers.
Una mappatura ragionata — su scala italiana, europea e mondiale ― di gruppi di persone che abbiano deciso di condividere, a diversi livelli, spazi, beni di vario genere e denaro e di un nuovo movimento di comunità sperimentali che abbiano come prioritari valori di tipo ecologico.

Capitolo introduttivo

“Più che un saggio Comuni, comunità, ecovillaggi è un libro di racconti”, mi diceva l’amico critico letterario Plinio Perilli (di cui non mancherò di presentare, prossimamente, una recensione), “in quanto frutto di appassionate esperienze sul campo che sono state rese con una straordinaria capacità narrativa”. Sono ben contento di condividere il punto di vista dell’amico Plinio nella misura in cui non mi sento molto a mio agio nei panni di un distaccato saggista.
Come già in Comuni, comunità, ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo, la presentazione del fenomeno comunitario, in questo mio nuovo testo, da un punto di vista storico come da quello delle realtà presenti oggi in Italia e nel mondo, viene integrata con pagine di un diario di viaggio/vita ove possa concedermi alcune riflessioni in una prospettiva non immediatamente aderente all’oggetto in analisi. Più ampia e, auspicabilmente, più libera.
Segue dunque un breve capitolo introduttivo di Comuni, comunità, ecovillaggi che ha, a parere del sottoscritto, un buon valore narrativo:


Varanasi — India — 27/12/08

Il clima è abbastanza mite, oggi. Il freddo umido che reca spesso disagio, in questo periodo dell’anno — considerata soprattutto l’assenza di impianti di riscaldamento e di vetri alle finestre delle case — ha deciso di concedere una provvisoria, compassionevole tregua.
Nel cielo fluttuano aquiloni di carta colorata, il Gange è particolarmente basso e nella casa del Dharma, dove vivo parte del mio tempo da oltre un anno, assieme ad un’amabile famiglia indiana, risuonano i rumori abituali, “tranquillizzanti”, di una placida quotidianità.
Ogni tanto arriva, distinto, il muggito di una mucca. La terrazza della casa del Dharma, dove sono ora accucciato in un angolo con la mia risma di carta ed una piccola penna a sfera, si affaccia su di un micro-addensato edile e sullo spazioso cortile di una “stalla urbana”.
Gli arcaici vicoli di Varanasi presentano non di rado cortili-microcosmi dove si issano, con carrucole primordiali, secchi di acqua dal pozzo. Dove rozze capanne di fango, paglia e bambù danno riparo a capre, pecore, vitelli e qualche bovino adulto. Cortili alle cui mura aderiscono tante cialde grassocce di sterco di mucca — recanti quasi tutte l’impronta di una mano spesso minuta — utilizzate, in genere, come combustibile. Non solo: le loro fumigazioni purificano i panni stesi ad asciugare al sole, generalmente presente, pur nella stagione fredda, almeno sin tanto che la foschia non prenda il sopravvento. In quei casi, la città rimane sospesa in una dimensione quasi di immobile miraggio che ne accentua il noto carattere metafisico.
La vicinanza della stalla porta odore di letame. Un odore meravigliosamente ancestrale con cui, ricordo, acquisii una buona familiarità nel corso di un’estate a zonzo nelle campagne del centro-Italia, visitando comunità intenzionali ed ecovillaggi di cui avrei, successivamente, scritto.
Fui molto felice di questa mia nuova assonanza, avvezzo come ero, per nascita, ad odori di benzina bruciata ed altri di periferia metropolitana.
Nostri dirimpettai, a Varanasi, sono serafici e spesso seminudi samnyasin di un ordine vaishnava. Il loro ashram ha il suo cortile-microcosmo dove anche si issano secchi di acqua dal pozzo e dove diverse mucche trovano nutrimento e, pur spartano, riparo. La mattina e la sera risuonano le campane della loro puja, la celebrazione di offerta alla divinità.
La casa del Dharma, un palazzo di tre piani e terrazzo, ha, al piano terra, un tempio antico di tre secoli dedicato a Ma — la Dea — arcaica espressione materna di Dio. L’India pre-ariana, tendenzialmente matriarcale, con il suo centro nelle oramai celebri Harappa e Mohenjo-Daro — dove donne-sacerdotesse officiavano riti ad una divinità femminile, espressione della maternità della terra — l’ho ritrovata, in piccolo ologramma, qui, nella casa del Dharma e nella sua anima carismatica: la Mata-Ji, la “signora-madre”. È una donna corpulenta, sostanzialmente obesa, comoda nel largo sari. Un personaggio con una eco di eternità per la sua vita in poco o nulla diversa da quella di tante donne indiane che l’hanno preceduta e tuttavia, con tutto il suo portato arcaico e due bicipiti da Obelix, più o meno a suo agio nel ventunesimo secolo. È la magia dell’abolizione del tempo di cui l’India sa ancora essere maestra. È la Mata-ji ad officiare la puja nel tempio domestico, a recitare i mantra innanzi alla statua della dea ed è lei ad essere consultata per qualunque cosa importante. Il marito compare poco, non compromettendo l’autorità della matriarca. È particolarmente bello, nella sua assoluta essenzialità, il rapporto che si è creato tra me e questa donna. Lei non parla praticamente inglese ed il mio hindi è ancora troppo scarno perchè si possa dire che comunichiamo. Riusciamo in qualche modo a capirci ma andiamo avanti per concetti elementari. Seguendo una tradizione abbastanza consolidata in India, ho iniziato subito a rivolgermi a lei — insediato nella casa del Dharma — usando il termine rispettoso e, allo stesso tempo, affettuoso che usano i figli e le figlie con le loro madri: Mata-ji. Lei, di risposta, ha iniziato a chiamarmi betta: figliolo. Questo non ha potuto non creare una dimensione di bella familiarità, di intimità ed è davvero strano come possa sentirmi così a casa qui, in un altro continente, in un paese profondamente diverso da quello in cui sono nato e cresciuto. Molte volte sento che quella linguistica è una barriera solo illusoria e di essere, sobriamente, tra la mia gente.
Dopo aver girato e girato, aver avuto diverse case o pseudo-tali, posso dire di non aver mai amato tanto e con tanta sobrietà un posto come la casa del Dharma. Sono dunque felice di iniziare qui a scrivere questo mio nuovo libro.
A Varanasi, in apparenza, tutto si muove con una snervante lentezza e tuttavia posso dire che le idee migliori, i migliori progetti hanno qui una splendida gestazione. Nella maggior parte dei casi diventano operativi altrove, trovano in altri contesti una realizzazione materiale che non potrebbe non essere penalizzata, in questo posto, dalla precarietà di tutto.
Non va comunque dimenticato quale chioccia millenaria ed in sonno sia questa città, a quanto pensiero ha dato impulso senza perdere mai la sua controversa natura. Basti pensare ad un principe-asceta, 2500 anni or sono, che “fresco” di bodhi (comprensione, “illuminazione”) a Bodhgaya, sotto un Ficus Religiosa, persuaso dal dio Brahma a non tenere unicamente per sè la conoscenza acquisita, si è messo in cammino. Ha raggiunto questo posto che allora era indiscutibilmente un “ombellico del mondo”, dove ogni ricercatore sperava di trovare un maestro o dei discepoli, dove pionieri di prospettive filosofiche possibili o impossibili si sfidavano a duello dialettico. Sulle rive del più sacro dei fiumi indiani, allora pulito, si suonavano bhansuri (flauti in canna di bambù), si facevano asana yogiche, esercizi respiratori (pranayama), si conversava o si sedeva semplicemente in silenzio mentre nel fiume trascorrevano piroghe, barche e barcaioli indolenti.
Costui si fermò, in principio, in un parco di alberi vetusti, monumentali e gazzelle esuberanti appena fuori la città (allora Kashi, “la città della luce”). Si chiamava, appunto, il Parco delle gazzelle e lì “mise in moto la ruota del Dharma” che continua, pur con un fisiologico affanno, a girare.
Era conosciuto come l’eremita silenzioso del clan degli Shakya (Shakyamuni) o, più semplicemente, come colui che aveva compreso: il Buddha.
Si racconta che, qualche secolo dopo, un altro grande ricercatore del vero sia giunto qui, si sia bagnato nelle acque del fiume sacro ed abbia partecipato a duelli dialettici prima di ritirarsi, in ascesi, sulle montagne, prediligendo le aree del Ladakh e, soprattutto, del Kashmir.
Era probabilmente giunto in India negli “anni di cui non parlano i vangeli”, viaggiando senza soldi, al seguito di carovane di mercanti. Si chiamava Joshua (o Yeshua) Ben Josef, Yuzu in Persia, Isha in India. Da noi, per riprendere il titolo di una vecchia canzone di Fabrizio De André, si chiamava Gesù.
Si racconta non resistette molto a Varanasi, capitale di uno spietato braminismo. Proclamava l’uguaglianza di tutti gli uomini, aprendo un sentiero che sarebbe stato poi percorso da molti — socialisti più o meno utopisti, anarchici, comunisti — e compiendo un passo, epocale, di civiltà.
Dopo di lui, tanti altri si sarebbero avvicendati in questa città: uomini grandi e meno grandi, troppo spesso “non abbastanza grandi per le loro idee”. Varanasi sta cambiando ogni giorno e pullula di internet point. Ogni tanto le connessioni saltano perché gangs di scimmie, sui tetti, rosicchiano i cavi. La stessa corrente elettrica è, come dire, “impermanente” ma, a scanso di tutto questo, la chioccia millenaria continua, in sonno, a covare.
Non posso, dunque, non renderle grazie per quanto sta covando anche nella mia testa mentre cerco di contrastare, con un paio di scaldini a gas ed un rozzo spazio per il fuoco, il freddo penetrante nella casa del Dharma, sperando davvero che il prodotto di questa cova sia, il più possibile, proficuo.

Nelle pagine che seguono, ovvero nel primo capitolo, tenterò di tratteggiare una panoramica storica delle esperienze comunitarie, a partire dall’età pre-cristiana, attraversando “senza soste” il medioevo e considerando alcune frange protestanti del sedicesimo e diciassettesimo secolo. Raggiungendo i secoli diciottesimo e diciannovesimo, focalizzeremo l’attenzione su molti, diversi “laboratori di utopia” che hanno preso corpo soprattutto negli Stati Uniti. A partire dalla seconda decade del Novecento, verrà rapidamente presentata l’esperienza dei Kibbutzim, in Israele, da cui salteremo brevemente in Ucraina e poi in Spagna, considerando i frutti comunitari del pensiero anarchico. Saremo poi negli anni ’60 del secolo appena trascorso, nel periodo di febbrile contestazione ed elaborazione di stili di vita radicalmente alternativi. Considereremo il fenomeno hippy, soprattutto nelle sue implicazioni comunitarie e, di lì, il passaggio alla prima New Age ed alle cosiddette “comunità acquariane” sarà quasi automatico.
Il secondo capitolo verrà dedicato alla trattazione della “internazionale comunitaria”, di quanto cioè sta accadendo nel mondo delle comunià intenzionali e degli ecovillaggi considerato, nella misura del possible, in maniera “planetaria”. In questo capitolo verranno presentate le più importanti realtà comunitarie, non senza aver prima fatto il punto sul lavoro di networking, fondamentale per rinforzare la dimensione movimentista del fenomeno in analisi.
Il terzo capitolo, probabilmente il più nutrito, sarà integralmente “italiano”. In virtù di una geografia più circoscritta, si potranno considerare le realtà comunitarie presenti sul nostro territorio in maniera più dettagliata. Queste verranno presentate per regione, procedendo da nord verso sud.
Nel capitolo conclusivo, l’attenzione verrà focalizzata sulle problematiche fondamentali delle esperienze comunitarie oggi e non mancheranno riflessioni e proposte concrete per un migliore (naturalmente a parere di chi scrive) futuro comunitario.

Sinossi di Un giardino dell’Eden

Come accennato è questo il mio primo lavoro di fiction che mi venne, in principio, commissionato da Angelo Quattrocchi, editore di Malatempora. Dato il committente mi sono permesso, in questo testo, qualche descrizione particolarmente audace che ha tuttavia avuto, in genere, dei buoni riscontri presso i primi lettori.
Ne presento di seguito la sinossi e, poi, una breve selezione di alcuni brani:


Siddharta vive di qualche traduzione ma soprattutto della rendita del suo appartamento di Roma. A suo modo è una persona molto spirituale ma non crede in Dio…e nemmeno nell’uomo.
Odia la città ed ama le comuni e gli stili di vita “alternativi” ma ha le idee decisamente confuse.
Lascia la sua donna, Camelia e conosce una crisi profonda.
Seguendo la sua attitudine nomadica, girovaga tra una comune, una casa di amici, una comunità spirituale…sino ad approdare in India.
Vive qualche tempo a Varanasi, dove gli hindu sperano di morire per l’ultima volta e nella futuribile ed ecologica città di Auroville, in fondo al subcontinente.
Si ritrova più di una volta solo per perdersi ancora.
La storia di un’inquietudine profonda, di una ricerca — antica come
l’uomo — del paradiso perduto.

Selezione di brani


Si sveglia a metà mattinata, esce sull’aia del casale, si avvia verso un tavolo dove siedono 5 o 6 squatters e Camelia.
I suoi occhi celesti, i capelli ramati illuminano sommessamente la desolazione materiale del luogo.
Si trovano presto a passeggiare insieme per le stradine dissestate, alberate e silenziose dei dintorni.
Siddharta non resiste neanche due secondi. Le prende subito il viso tra le mani.
La pelle delle sue guance è morbida e rosata. Sembra quella di una bambina.
È fresca e non ha mai conosciuto sofisticazioni di nessun tipo.
«Quanto sei bella», le fa, «sei meravigliosa, Camelia!».
Lei combatte tra un’esplicita voglia di abbandonarsi alle sue moine, ai suoi abbracci e, appena dopo, alla sua lingua che sfonda la resistenza dei denti ed inizia a giocare con la sua e la risoluzione a non andare oltre.
Riesce a contenere la passione di Siddharta che non fa che carezzarla, baciarla, riempirla di parole tenere e audaci.
Lei si fa intridere del suo amore ma non si abbandona.
Siddharta si perde liquido seminale nelle mutande ed è preoccupato per le sbavature disseccate che ci resteranno.
Presto si sdraiano sotto alcuni alberi.
Siddharta insinua una mano sotto la sua maglietta ben sapendo che Camelia, in questi contesti, fa volentieri a meno del reggiseno.
Riprende contatto con la pelle fresca delle sue mammelle prosperose ma lei lo ferma: «No, dai, non andare oltre, ti prego!».
Lui di fronte a questa richiesta gentile si mette manzo ma poco dopo è di nuovo all’attacco.
Porta avanti un lavoro combinato: discorsi di profondo coinvolgimento sentimentale e mani che, subdole, indugiano sulla pancia morbida di Camelia per poi, piano piano, salire per carezze fugaci che non le danno neanche il tempo di prendere opportune precauzioni.
Lui sa di avere nell’inconscio di Camelia un valido alleato.
Lei vorrebbe che si mantenessero un minimo le distanze ma continua a farsi strapazzare.
Le sue difese gradualmente si abbassano e la lingua di Siddharta riesce presto a giocare amorevolmente con la sua.
Nello squat, intanto, bambini seminudi con una tavolozza di macchie di sugo sulla maglietta e nasi calanti una variegata viscoseria, giocano accucciati nell’aia di fango compatto e comodamente calpestabile.
Uno fa pure la cacca tra i ciuffi d’erba, che segnano un limite assolutamente valicabile tra l’aia ed il selvatico. [pp. 59-60]

[…]ma a Varanasi la morte perde il suo alone tragico. Viene bruciata sul fiume mentre nel cielo fluttuano i rombi di carta colorata e i bambini li direzionano a due passi dalle pire.
Nei loro volti irradia una gioia primordiale mentre cani malandati e particolarmente cauti frugano tra le rimanenze di fuochi estinti, in cerca di ossa umane.
Sulle acque trascorrono barche e barcaioli indolenti ed ogni cosa, nel microcosmo del fiume sacro, sospeso al di là di ogni usuale coordinata temporale, vibra della stessa, indecifrabile armonia.
Relativizza dunque il suo malessere esistenziale, Siddharta.
Inizia a sentire quanto già vivere, esserci, possa essere un grande privilegio.
Si incammina dunque silenzioso verso casa, con scarpe aperte in stile sfacciatamente orientale, per una cena di poche pretese. [pp. 76-77]

La suoneria del cellulare di Surya è struggente e carica di nostalgia.
I suoi occhi a volte si spalancano per esprimere generosamente “l’ultraesprimibile”.
La sua pelle è di velluto un po’ brunito, l’anima di un candore estraneo al corrotto Occidente.
Surya offre a Siddharta qualche frammento del suo passato indiano.
Gli racconta di un suo periodo di assistenza ai lebbrosi, che le sarebbe costato una piaga inquietante alla base del collo; un inizio esplicito di lebbra.
Il suo maestro le avrebbe allora consigliato una specifica tecnica di dhyana (traducibile, un po’ sommariamente, con “meditazione”).
Una tecnica molto efficace, risolutrice.
Siddharta, dopo qualche tempo, ha la fortuna di conoscere questo personaggio enigmatico così spesso sulle labbra di Surya: Guru-ji.
Arriva un giorno che fuori ha appena annottato.
Bussa alla porta solcata di crepe della stanza-tugurio dove Surya insegna yoga.
Siddharta è a testa in giù e gambe in aria su un vecchio materassino sottile intriso di polvere ed acari con bazooka e ricoperto con un lenzuolo ingrigito e liso da lavate primitive, a risparmio di sapone.
Surya apre la porta: «Guru-ji!» esclama, spalancando i suoi occhi neri ad esprimere una gioia senza argini mondani e chinandosi sollecita a toccargli i piedi.
Lui porta la sua figura fuori del tempo profano e di tutto quanto costella il contingente nella stanza-tugurio dove Surya insegna yoga.
Ha un vecchio dothi dai fianchi in giù, il tilak segnato in rosso sulla fronte un po’ stempiata [pp. 83-84]

[…] Daddy, a questo punto, si lascia andare un po’ ai ricordi: «la prima volta che venni in India, trent’anni fa, arrivai alla stazione di Delhi che era una cosa…100 volte peggio di oggi.
In terra c’erano sputi rossi ovunque, da non poter camminare, non c’era un centimetro libero.
Io allora non sapevo che gli indiani masticano il pan tutto il tempo, che gli stimola la salivazione e dunque sputano ovunque rigagnoli che sembrano sanguinolenti. Pensavo fossero tutti tisici e ho avuto paura, poi ho deciso di affidarmi e pensare: sia di me quello che deve essere e, poco dopo, ho scoperto che mi ero preoccupato inutilmente.
Arrivai presto a Varanasi.
In Italia, prima di partire, un amico che era già venuto in India e si era perso per due anni mi aveva detto: lì incontrerai sguardi di una misteriosa purezza, una purezza che, in principio, ti farà sentire sporco ma tu lascia passare i giorni e, piano piano, inizierai quasi a poterti specchiare tra le sfumature scure di quegli occhi ed allora avrai ritrovato la tua di purezza.
È stato proprio così.
L’India è un cuore di silenzio in un guscio di caos e di delirio, quest’India così putrida e cruda, brutalmente e fascinosamente incomprensibile a noi europei, questa madre spesso così amorevole e, a volte, così spietata […]» [pp. 89-90].

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martedì 25 maggio 2010

Le comunità intenzionali e le secche dell'Occidente.

Di seguito la relazione che ho proposto a Villa Sorra (Castelfranco Emilia, in provincia di Modena), in occasione del Festival La Città Olistica, organizzato dal CONACREIS:

Citando dal mio precedente testo Comuni, comunità ed ecovillaggi in Italia, in Europa, nel mondo «vivere in un ecovillaggio o in una comunità intenzionale non è, a mio parere, esente da rischi.
Del resto, qualunque persona sufficientemente sensata converrà che ogni scelta esistenziale non può non esserlo. Qualcuno ha il coraggio di affermare non sia rischioso consegnare la propria vita ad una banca, ad una qualunque azienda o avventurarsi in una relazione amorosa con una persona sulla cui affidabilità nessuno può garantire fino in fondo? E via discorrendo…».
Uno dei pericoli che mi è sembrato di riscontrare presso alcune persone che vivano in una comunità intenzionale o in un ecovillaggio può essere, a mio modo di vedere, la tendenza ad identificarla/o con uno spazio di verità ed autenticità, sviluppando una certa indifferenza nei confronti del resto del mondo, che marcia lungo altre coordinate.
«Di qui la possibilità che emerga un’inclinazione a viversi come una “sezione” in qualche modo indipendente dal mondo ordinario» che
credo meriti una buona dose di “vigilanza”.
Vigilanza che già si esprime in alcune realtà comunitarie (può essere emblematico il caso di Damanhur) attraverso una presenza particolarmente attiva anche fuori del proprio ambito comunitario (merita segnalare, al riguardo, che circa 250 cittadini damanhuriani sono attivi nel volontariato, nella Protezione Civile, nell’Anti Incendio Boschivo, nella Croce Rossa, come Donatori di sangue, Vigili del fuoco ed offrendo assistenza agli anziani).
Ritengo altresì che il CONACREIS, che colgo l’occasione per ringraziare, stia, in questi anni, facendo un ottimo lavoro, promuovendo un incontro “a maglie larghe” all’insegna del laicismo (valore di cui apprezzo ogni giorno di più la pregnanza e la necessità) e del rispetto delle reciproche diversità delle realtà associative e comunitarie che coinvolge ed incoraggiando un’apertura dialogica nei confronti della società tutta.
Credo dunque sia questo il contesto giusto per avventurarsi in qualche prudente riflessione su quanto sta succedendo, oggi, nel mondo, dimenticando appena per un attimo la dimensione avanguardista delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi.
Da qualche anno sto avendo la fortuna di vivere a cavallo di due continenti: l’Europa e l’Asia vedendo così ampliati i miei parametri di riferimento.
È cosa oramai nota che il baricentro economico e, di conseguenza, politico del mondo si stia spostando in Asia. Ne abbiamo avuto una piccola/grande conferma sul calare del 2009, in occasione del summit sul clima di Copenaghen la cui linea, soprattutto in merito a quanto è stato scritto nel documento finale, è stata data dai cosiddetti paesi emergenti, soprattutto da Cina ed India.
Il messaggio è stato chiaro, in diretta continuità con quanto emerso nel corso dell’incontro del G8 all’Aquila, all’inizio della scorsa estate: l’Occidente ha conosciuto la sua stagione di sviluppo, evidentemente poco sostenibile. Ora ne sta iniziando a temere seriamente gli effetti e vorrebbe che la crescita dei paesi asiatici venga in qualche modo condizionata da preoccupazioni di compatibilità ambientale. A fronte di queste, l’Asia “risponde picche”, rivendicando sia giunto il proprio turno nella corsa al benessere. Il summit di Copenaghen non ha dunque posto alcun vincolo serio di sostenibilità ambientale allo sviluppo, Cina ed India ed altri paesi emergenti hanno piuttosto ottenuto la prospettiva di fondi relativamente cospicui da investire nelle energie rinnovabili (a gennaio 2010 infatti, in India, il premier Manmohan Singh annunciava trionfalmente la creazione di solar valleys, l’utilizzo, cioè, di intere vallate per l’installazione di pannelli solari).
A fronte di quanto appena detto e riportando quanto scrive Federico Rampini ne L’impero di Cindia e nel più recente La speranza indiana, qualunque discorso di politica ed economia affrontato su scala internazionale (oggi l’unica verosimile se non vogliamo peccare di miope provincialismo) non può non considerare con grande attenzione l’importante spostamento del baricentro di influenza che il mondo sta vivendo.
La febbre delocalizzatrice imperversa oramai da anni, l’Europa si sta necessariamente impoverendo ogni giorno di più. In compenso, sto toccando con mano ed anche con piacere il progressivo emergere dell’India da condizioni di precarietà e sottosviluppo inimmaginabili per un comune europeo. Lo sviluppo della Cina poi è, notoriamente, più veloce ed imponente.
Pensare che le popolazione di questi due giganti asiatici siano sensibili a qualunque discorso che ne voglia contenere l’arricchimento per ragioni di natura etica, ambientale o altro è, a mio vedere, del tutto utopico.
Ricordo un documentario che vidi una decina di anni fa sull’India (probabilmente le riprese erano state fatte nel nord del paese, in stati come l’Uttar Pradesh, il Madhya Pradesh ed il Bihar, tra i più arretrati). Riguardava il traffico d’organi ed il grande business dei trapianti. Una cosa in particolare mi colpì e dà veramente la misura di quanto inarrestabile possa essere lo sviluppo del subcontinente: stando a quanto si vedeva in quel documentario (trasmesso dalla RAI, dunque probabilmente frutto del lavoro di buoni professionisti) in quel periodo era abbastanza comune che donne indiane, per comprare un televisore, si vendessero un rene. La regista aveva poi intervistato alcuni bambini i quali commentavano con eccitazione il fatto che fosse, tutto sommato, semplice comprare alcuni beni di consumo altrimenti inaccessibili. Alcuni di loro sostenevano di essere disposti, come la mamma, a vendersi un rene ma che anche il mercato delle cornee aveva prospettive promettenti. Uno di loro addirittura commentò con la regista: bella questa tua cinepresa, quanto pensi possa costare, un rene?
Ora io mi chiedo, conoscendo anche meglio il paese in questione, come possiamo pensare di arginarne lo sviluppo forsennato nel momento in cui, fino a poco tempo fa, contava tante persone che, per avere accesso a banali beni di consumo, erano disposte a vendersi alcuni organi essenziali del proprio corpo. In altre parole: riusciamo solo ad immaginare quanto feroce sia la determinazione di quella parte del mondo ad uscire da una povertà ancora estremamente diffusa per raggiungere il nostro livello di benessere? Io mi voglio spingere ad affermare, vivendo nelle loro case, dormendo sui loro tavolacci, vedendoli mangiare in terra, sulle stuoie, con le mani, vedendo i topi nelle strade, nelle cucine, nei supermercati che quell’aspirazione è non solo comprensibile ma legittima!
I costi? Probabilmente enormi — in termini ambientali, sociali e di ripercussioni economiche dalla nostra parte del mondo che sta vivendo l’avverarsi della profezia di Oswald Spengler quando, intorno agli anni ’20, scriveva il suo celebre Il tramonto dell’Occidente ― ma, altrettanto probabilmente, inevitabili!
Il tramonto dell’Occidente sta avendo luogo per ragioni, prima di tutto, banalmente contabili. Il costo del lavoro, in India, in Cina, nelle Filippine, in Vietnam, in Thailandia è notoriamente 10, 20, 30 volte più basso che in Europa o negli Stati Uniti, di qui quella di delocalizzare la produzione diventa una via più che appetibile per moltissime aziende occidentali. La conseguenza diretta non può che essere una crisi, in Occidente, che non possiamo più evitare di definire “sistemica”, che sta portando oltre ad una dilagante disoccupazione, ad un taglio progressivo ma inesorabile della spesa sociale. Come possono permettersela, i nostri stati ed essere al contempo competitivi con degli altri in cui il concetto di cassa malattia, contributi per la pensione, diritti sindacali eccetera sono, di fatto, una mera utopia?
Lo spostamento del baricentro economico e politico verso l’Asia non può che inaugurare una stagione di grande precarietà per l’Occidente pur offrendo opportunità interessanti ai paesi ed agli individui più intraprendenti. Ancora Rampini parlava, ad esempio, del business rappresentato dagli studenti cinesi che stanno letteralmente invadendo le università europee (soprattutto inglesi, francesi e tedesche) oltre a quelle americane.
In Asia si sta anche sviluppando, per offrire solo un altro esempio, un grande business del caffè (ne stanno guadagnando le italiane Lavazza ed Illy). La bevanda nervina sta diventando una moda di massa, determinando l’apertura di moltissimi locali trendy di catene come Starbuck, Barista o Coffe Day che spesso usano termini (cappuccino, espresso, macchiato) e caffè nostrani. Il quadro complessivo, tuttavia, non è rassicurante e la crisi greca, della Spagna, del Portogallo, la svalutazione della sterlina ed ora anche dell’euro sono lì a ricordarcelo.
Parlando di comunità intenzionali ed ecovillaggi, oggi, non possiamo, a mio parere, non tenere conto di questa crisi sistemica.
Il movimento delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi rappresenta, a mio parere, un interessante fenomeno di “globalizzazione dal basso”.
Prescindere, del resto, dalla globalizzazione, oggi, non è a mio parere vincente perchè sarebbe come pretendere di prescindere da internet o, se si viaggia, dalla lingua inglese. La globalizzazione è ormai un processo del tutto in essere, presenta dei problemi anche gravi ma, per dirla con uno slogan, “i problemi della globalizzazione si risolvono nella globalizzazione”.
Le comunità intenzionali e gli ecovillaggi, sappiamo, sono spesso confederati nel GEN (Global Ecovillage Network) e questa è già una prima, importante acquisizione.
Ad un livello forse ancora troppo teorico lavorano in rete ed il lavoro in rete, come insegna Fritjof Capra nel suo classico The web of life, La rete della vita, è un aspetto imprescindibile di un’auspicabile “globalizzazione dal basso”. Le comunità intenzionali e gli ecovillaggi, a mio modo di vedere, devono, come ho già detto in altre sedi e scritto sul mio ultimo libro Comuni, comunità, ecovillaggi, lavorare sempre di più in rete. Oggi non credo tante comunità isolate, pur potenzialmente autosufficienti, possano essere un soggetto politico interessante. Al contrario, tante comunità confederate, in rapporti di mutuo appoggio possono rappresentare un gruppo di interesse, di consistenza locale e planetaria, che può avere un ruolo via via crescente nel tentativo di bilanciare alcuni eccessi della globalizzazione deteriore. Lavorando, ad esempio, come gruppo di pressione per una valorizzazione sempre maggiore, nel mondo, delle energie rinnovabili o coinvolgendosi nelle rivendicazioni, capitanate da Naomi Klein, per il salario minimo dei lavoratori nelle zone industriali di esportazioni (dove si cuciono, per intenderci, le scarpe della Nike o della Reebok), consapevoli che un innalzamento del reddito nei paesi emergenti può contribuire a sanare, un minimo, l’enorme divario economico che vede Europa, Stati Uniti, Canada ed Oceania contrapposti ad Asia, Africa ed America Latina.
Citando dal mio ultimo libro Comuni, comunità, ecovillaggi «personalmente vedo [la dimensione comunitaria] come una [realtà] trasversale in cui possano trovarsi a proprio agio cristiani, laici, buddisti, gnostici, esoteristi, libertari, ecologisti, persone con credo politici diversi, finanche opposti. Dunque che possa avere un buon livello di coinvolgimento a par-
tire da un’appartenenza “a maglie larghe”, lontana da atteggiamenti
parrocchiani o manichei. Una dimensione espansa in cui, a fronte
di una relativa omogeneità interna alle singole esperienze comunitarie, persone anche molto diverse possano fare convergenza, nel net-
working, su pochi, importanti obiettivi comuni, cooperando nella
valorizzazione di quanto le unisce nel profondo: il desiderio, l’intenzione — con vari livelli di impegno — di “essere comunità”.
Credo sia auspicabile iniziare a concepire la trasversale dimensione
comunitaria come una “fratellanza” […] per affrontare a testa alta (non sfuggire) un mondo ogni giorno più complesso e, tuttavia, più affascinante».
In altre parole, le comunità intenzionali e gli ecovillaggi — che dovrebbero a mio modo di vedere avere come obiettivi la prosperità ed una buona efficienza organizzativa ― dovrebbero spendere tempo ed energia per sostenersi, anzitutto economicamente, a vicenda, privilegiando realtà simili per approvvigionarsi di quanto non riescono a produrre, cercando il più possibile di mantenere le proprie risorse economiche all’interno del proprio circuito allargato
Sarebbe dunque bello se alcune comunità intenzionali ed ecovillaggi riservassero uno spazio ai prodotti ed al materiale informativo di altre esperienze “affratellate” nei propri punti-vendita, se si intensificassero gli scambi culturali, organizzando, ad esempio, mostre, spettacoli, presentazioni itineranti che abbiano come protagonisti persone coinvolte, in un modo o
nell’altro, in ambito comunitario.
Sarebbe anche importante promuovere scambi internazionali tra comunità ed ecovillaggi. Per portare un esempio che meriterebbe di essere abbondantemente imitato, nella seconda metà del 2009 c’è stato un divertente ed ispirante scambio tra Findhorn Foundation e l’ecovillaggio, russo, Kitezh. I giovani di Findhorn hanno visitato Kitezh in estate, ricevendo una visita di ricambio in Ottobre. Per i dettagli, rimando al blog che ho curato per Sarvodaya o, direttamente, al sito del GEN.
Inutile soffermarsi sul fatto che il rafforzamento economico del circuito comunitario può agevolare le realtà più giovani o i singoli che voglia-
no compiere “il salto esistenziale” che possono inserirsi con le loro
attività, tanto per cominciare, in un network collaudato e, auspicabilmente, micro-redditizio.
Del resto, il numero di perone che guarda con interesse alla dimensione comunitaria è senz’altro crescente (dagli inizi del 2000 il numero di comunità intenzionali ed ecovillaggi, in Italia, si è, almeno, quintuplicato) e non credo sia difficile immaginare quanto tormentosa possa essere la scelta di lasciarsi alle spalle alcune, pur non entusiasmanti, certezze. Motivare persone nuove a coinvolgersi nel network comunitario può naturalmente portare una crescita di scala dello stesso, una via di uscita da quella che è, ancora oggi, una sua condizione di tendenziale marginalità “politica”, una sua maggiore incisività riguardo alcune rivendicazioni importanti come il riconoscimento legale delle comunità intenzionali e degli ecovillaggi che altro non sarebbe se non un primo, significativo passo per un suo maggiore protagonismo su un set necessariamente globale.
A fronte di tutto questo credo sia necessario, per concludere, coltivare un’attitudine sufficientemente realista, evitando di indulgere troppo in ideologismi ingenui o in spiritualismi astratti, consapevoli delle difficoltà di questo periodo storico e, allo stesso tempo, delle risorse di coloro che, autonomi ma uniti, possono davvero contribuire a “fare la forza”!

Manuel Olivares

sabato 22 maggio 2010

La Città della Luce: Newsletter numero 12.

Cari Amici,
ormai e' inutile parlare della primavera in arrivo, visto che siamo a Maggio inoltrato ma ancora la Primavera non si vede. Parliamo quindi di Astrologia e spazi siderali, luoghi dove stelle e pianeti non temono di certo una coltre di nubi: il 21 maggio 2010 alle ore 03.35, il Sole entra nella costellazione dei Gemelli. Il vento e in genere tutto cio' che si libra nell'aria, (gli insetti e gli uccelli), distribuiscono il polline e i semi, inizia il tempo della fecondazione...scambio di informazioni per eccellenza...

Quello dei Gemelli, è il terzo segno dello Zodiaco, dopo Ariete e Toro e ha come corrispondente terrestre la terza Casa. Si tratta di un segno d'aria: la sua natura e' intellettuale e mutevole, e' governato dal pianeta Mercurio. Anatomicamente, il segno dei Gemelli corrisponde al sistema nervoso, alla gola, alle spalle, alle braccia, al torace e all'apparato respiratorio, ai bronchi in particolare. Nell'astrologia vedica e' collegato infatti al Quinto Chakra, Vishudda, il Chakra della Gola. I nativi del segno sono caratterizzati da grande curiosita' e vivacita' intellettuale, portati per la comunicazione e le arti, la scrittura, il canto, il disegno e la musica in particolare. Hanno forse qualche difficolta' a restare con i piedi per terra, i loro pensieri, velocissimi, vagano nell'etere alla ricerca di strumenti e parole adeguate per esprimere i concetti piu' elevati che solo loro, intelligentissimi, sanno attingere. A volte perdendosi nelle elucubrazioni mentali, a volte riportando dal Regno degli dei gocce di ambrosia per ristorare i mortali.

Mercurio


Mercurio e' il primo pianeta del sistema solare in ordine di distanza dal Sole e il piu' piccolo in dimensioni, il suo aspetto ricorda da vicino quello della Luna. Il suo nome deriva da quello dell'omonima divinita' romana. Si ritiene che Mercurio, come gli altri corpi rocciosi del sistema solare interno, si sia formato per accrezione del materiale sospeso nel disco protoplanetario che ha dato origine, circa 5 miliardi di anni fa, al sistema solare. Mitologia

Mitologia

Mercurio (in latino Mercurius, in greco Hermes) nella mitologia greca e romana e' il nome del dio dell'eloquenza, del commercio e dei ladri. La sua bacchetta, il Caduceo, un bastone alato su cui si attorcigliano due serpenti, e' divenuta simbolo della medicina. Essendo il messaggero degli de'i viene spesso raffigurato con le ali ai piedi. L'Inno omerico ad Hermes lo invoca come: "Dio dalle molte risorse (polu'tropos), gentilmente astuto, predone, guida di mandrie, apportatore di sogni, osservatore notturno, ladro ai cancelli". Da Hermes deriva la parola "ermeneutica", ovvero l'arte di interpretare i significati nascosti. In greco un uomo fortunato veniva chiamato "hermaion".

Sabato 22 e Domenica 23 Maggio 2010 a Modena

Vi invitiamo a partecipare numerosi al FESTIVAL LA CITTA' OLISTICA a Modena, due giornate di incontro e scambio tra "Creativi Culturali" e Metodi e Prodotti del Benessere. Umberto Carmignani nel pomeriggio di sabato partecipera' ad una tavola rotonda incentrata sul tema della Scuola Olistica Nazionale, mentre Giovanna, Luciana e Francesca presenteranno i nuovi prodotti di Body & Soul (Cosmesi Naturale, Abbigliamento Relax in Bamboo e Artigianato Artistico, Chakra, Rune e Gioielli Archetipici)

La Scuola Olistica

Per quanto riguarda la Scuola della Citta' della Luce, Vi ricordiamo che sono stati definiti in linea di massima gli indirizzi, i programmi e i metodi, in particolare sono stati indicati differenti percorsi di studio. Ricordiamo che presso la Scuola della Citta' della Luce e' possibile seguire i Corsi di Formazione per diventare Operatore Reiki (300 ore) Maestro di Reiki (1200 ore), Operatore Ayurvedico (1200 ore), Facilitatore in Costellazioni Familiari (900 ore), Operatore Olistico (1200 ore). Gli interessati si possono mettere in contatto con Umberto Carmignani e con Simone Fanciullo per definire il piano di studi secondo le proprie esigenze e disponibilita' in termini di tempo e investimento economico.

Maratona di Benessere e Consapevolezza

Da Venerdi' 28 Maggio a Domenica 6 Giugno 2010 un programma non stop dedicato a tutti coloro che vogliono conoscere o approfondire il lavoro con Reiki, Costellazioni Familiari, Ayurveda e Yoga. Per coloro che sono interessati alla Formazione una occasione per una full-immersion di 9 giorni nelle discipline olistiche.

Sabato 29 e Domenica 30 Maggio 2010 a Ripe (AN)
Seminario di Costellazioni Familiari: La Guarigione delle Radici

Lunedi' 31 Maggio, Martedi' 1 e Mercoledi' 2 Giugno 2010
Laboratorio su Autorealizzazione e Relazione di Coppia

Giovedi' 3, Venerdi' 4, Sabato 5 e Domenica 6 Giugno 2010
Il Viaggio dell'Eroe: Sconfiggere il Drago, Liberare la Fanciulla, Conquistare il tesoro

Ayurveda, Yoga, Kinesiologia e Fiori di Bach

Giovedi' 27 e Venerdi' 28 Maggio 2010
Il corpo e le emozioni, bionergetica muscolare e Chakra - Kinesiologia olistica

Sabato 29 e Domenica 30 maggio 2010
Corso Beauty Ayurveda -Trattamenti del viso, della testa e degli occhi. Bellezza dentro e fuori.

Lunedi' 31 Maggio e Martedi' 1 giugno 2010
Shirodhara - Il risveglio del Terzo Occhio

Mercoledi' 2 e Giovedi' 3 giugno 2010 Muryabhyangam
Articolazioni e catene Muscolari


Venerdi' 4 Giugno 2010
Massaggio Kapha drenante e Pindasveda

Sabato 5 e Domenica 6 Giugno 2010
Fiori di Bach e Acque di Luce. Interazione tra uomo e natura

Vi auguriamo un Buon Viaggio nella Vostra Vita
Lo Staff della Citta' della Luce

domenica 16 maggio 2010

Bal Ashram: newsletter maggio 2010

Questo mese, con Lorenzo e Camilla in Italia (in questi giorni in trasferta al Salone Internazionale del Libro di Torino per intervenire, nello spazio dedicato al paese ospite di quest'anno - l'India - illustrando i progetti cui stanno lavorando), una newsletter un pò diversa: un video sul Bal Ashram!
Il video è stato realizzato da Dimitri Feltrin e Daniela de Zan durante il loro soggiorno, in ashram, a Varanasi ed illustra i diversi progetti dell'Aghor Foundation.
Siamo rimasti tutti molto contenti del risultato e con piacere lo condividiamo con i lettori di Viverealtrimenti portando in dono, questa volta, oltre ad immagini e contenuti anche suoni e voci.
Il filmato (durata complessiva di circa 13 minuti) è visibile su youtube ed è diviso in due parti:

Prima Parte

Seconda Parte

Buona visione!

giovedì 13 maggio 2010

LUNA NUOVA --- Giovedì 13 maggio 2010 --- da Ajahn Munindo

Il profumo di fiori o del legno di sandalo
si diffonde solo col vento a favore
ma la fragranza della virtù
pervade tutte le direzioni.


Dhammapada strofa 54

Il potere dei giornali, della televisione e di internet sulla vita
delle persone è ovvio. È altrettanto evidente l’effetto che può avere
il denaro. Forse meno ovvio è il potere della virtù. Il potere
dell’onestà, della pazienza, della tolleranza, della moderazione – il
Buddha ci invita a fare attenzione a queste forze. Non sono
necessariamente clamorose, ma se sono reali, sono comunque
formidabili. L’influenza della virtù non si manifesta nei modi della
mondanità. Le parole pronunciate da un cuore che si accontenta non
infiammano le passioni, ma ispirano ugualmente l’entusiasmo. Un
semplice gesto di generosità non viene dimenticato dal cuore di chi
dona. La bontà torna indietro a far felice chi fa il bene, lo voglia o
no. Quando dimentichiamo il potere della virtù siamo esposti ai
programmi dell’egoismo dell’io. Facendo uno sforzo per contenere
l’impulso di una cattiva abitudine, anche per un microsecondo,
generiamo energia positiva e l’energia non va mai perduta
.
Con Metta,

Ajahn Munindo

(Ringraziamenti a Chandra per la traduzione)

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Santacittarama
Monastero Buddhista
02030 Frasso Sabino (RI) Italy

Tel: (+39) 0765 872 186 (7:30-10:30, tutti i giorni eccetto lunedì)
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(alternativa): santa_news@libero.it

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www.dhammatalks.org.uk (audio files)

Ellam Enru: Tutto è Uno!

Di seguito la presentazione di Ellam Enru (Tutto è Uno), testo indiano anonimo del XIX secolo curato dall'amica indologa Gloria Germani (Firenze, Le Lettere 2009,pp. 91, euro 9.50), autrice del celebre Tiziano Terzani: la rivoluzione dentro di noi pubblicato dalla Longanesi nel 2008.
Merita menzionare che Gloria (in foto, con la figlia, su una barca a Benares) sta iniziando a collaborare appassionatamente al progetto Viverealtrimenti e che dunque, nell'immediato futuro, avrò piacere di condividere con i lettori di questo blog-magazine altri suoi contributi.
Gloria:


Tutto è Uno. In queste chiare e semplici parole è racchiusa l’essenza di un insegnamento tra i più antichi e nobili della civiltà umana. Essa esprime la tradizione dell’Advaita, letteralmente della “non- dualità” tra ciò che noi siamo soliti considerare mondo interno e mondo esterno, tra psiche e materia, tra io e dio.
Questa visione - darshana in sanscrito - non è soltanto una filosofia o una teoria, ma soprattutto una consapevolezza che diventa esperienza della vita. Essa si irradia in una completa trasformazione del nostro essere fino a giungere all’identità con l’ essenza divina.
Quando parliamo di filosofie indiane, non dovremmo pensare, infatti, in termini occidentali: come di una lunga serie di teorie che si confutano a vicenda e che si sorpassano l’un l’altra in una sorta di autostrada del sapere. Le filosofie in India, ma generalmente in oriente, sono pratiche, modi di vivere e, in questo senso, religioni nel significato migliore del termine, cioè, visioni del mondo che abbracciano tutti gli ambiti della vita e che, soprattutto, vanno realizzate vivendo.
L’Advaita Vedanta ( Vedanta: “fine dei Veda”) è dunque la visione ultima, la conoscenza essenziale della non dualità di cui gli antichi saggi o rishi (“coloro che vedono”) avevano avuto esperienza e di cui ci testimoniano i versi delle Upanishad antiche e medie - più o meno databili nello stesso periodo degli albori della filosofia greca: ai tempi di Pitagora, di Eraclito, di Parmenide. Essa ha raggiunto la sua massima espressione nel VIII secolo con Shankaracharya, il filosofo che ha amplificato questa visione attraverso i suoi splendidi commentari dei testi antichi, in particolare delle Upanishad, dei Brahma-sutra, della Bhagavad gita. Sebbene questo “principe” del pensiero indiano sia stato spesso messo in parallelo con un altro maestro del pensiero – questa volta occidentale: il domenicano Eckhart che visse nell’Europa del XIV secolo, - sarebbe un errore considerare questa filosofia come un appannaggio della cultura medievale.
Al contrario, essa è ancora praticata e vissuta tutt’oggi negli ashram indiani e negli eremitaggi dove viene trasmessa attraverso una catena ininterrotta di maestro-discepolo- maestro, la quale, sorprendentemente, sembra coesistere accanto al fragore della modernità forsennata, dell’industrializzazione e dell’inquinamento galoppante dell’India contemporanea. Uno degli ultimi grandi saggi vedantini, colui che gli indiani chiamano “un liberato in vita”, oppure un “illuminato” era soltanto un tabaccaio che viveva in un brulicante vicolo di Bombay e che ha lasciato il mondo nel 1983: Nisargadatta Maharaj.
Senza dubbio, però, colui che è stato riconosciuto come la personificazione della eterna saggezza non duale, l’equivalente contemporaneo di Shankaracharya, è stato Sri Ramana Maharshi, che visse negli stessi anni di Gandhi e che ha lasciato il corpo solo nel 1950.
Nato in Tamil Nadu nel 1879, quando aveva diciassette anni, fece l’esperienza della morte fisica rimanendo pienamente consapevole e cosciente. In seguito a questa trasformazione, lasciò tutto e fu attirato irresistibilmente verso la montagna sacra dell’Arunachala, nell’India del Sud, considerata da sempre la dimora di Shiva: non si mosse più da lì. La fama della sua Illuminazione che si rifletteva nel suo silenzio e nel suo sorriso, attirò col tempo molti devoti che costruirono un ashram intorno a lui. Furono molti anche gli occidentali che si fermarono ai suoi piedi, intuendo dietro alla sua affabile e serena compostezza una profondità e una pace abissabili.
È proprio alla figura di Ramana Maharshi che dobbiamo la trasmissione e la fortuna del piccolo testo anonimo nel diciannovesimo secolo, scritto in lingua Tamil, che presentiamo qui per la prima volta in lingua italiana.
Ai discepoli che chiedevano di indicare loro delle letture, Ramana Maharshi forniva una breve lista di sei libri ma metteva l’accento soprattutto sulla nostra piccola opera e aggiungeva: «Se volete moksha (la liberazione ) scrivete, leggete e praticate le istruzioni contenute in Ellam Onru».
In nostro testo è infatti un piccolo gioiello, estremamente breve, per facilitare probabilmente la memorizzazione; che usa un linguaggio colloquiale, niente affatto erudito per trasmettere direttamente un’esperienza autentica: l’esperienza dell’ Uno.
Dobbiamo dunque sforzarci di capire in che consiste l’esperienza dell’Uno; o come viene anche definita, dell’Uno senza secondo. Non si tratta, infatti, del primo di una serie, del primo di una molteplicità, ma di una Totalità non duale proprio perché supera ogni molteplicità. Il nostro testo lo dichiara fin dal primo verso: “Tutto quello che esiste, incluso il mondo che tu vedi, incluso tu stesso, testimone del mondo, Tutto è Uno” (1.1).
La prima distinzione, il primo due che debbo annullare è infatti l’alterità, la separazione tra l’io e quello che credo di vedere fuori di me. Questa distinzione è in realtà falsa. Essa è solo un’immagine riflessa di quel centro di appropriazione che è l’ego.
Secondo la logica moderna di concepire il mondo, questa prospettiva sembra, di primo acchito, del tutto paradossale. A partire dal Seicento, quella grande avventura del pensiero che porta i nomi di Galileo, Newton, Cartesio ci ha abituati a ragionare in termini di realtà oggettiva esterna, di sostanza materiale, di rapporti di causa effetto che regolano i vari meccanismi concepiti appunto come macchine. La mente, il pensiero, osserva un mondo materiale, oggettivo, esterno fatto di entità separate e si sforza di comprenderlo scendendo nelle loro parti più piccole.
Eppure proprio questa ricerca nell’infinitamente piccolo ha condotto la scienza per eccellenza – la fisica - a contraddire molti concetti a cui eravamo abituati e con cui ancora ragioniamo. La fisica dei quanti, la teoria della relatività, la teoria dei bootstrap, negano che si possa parlare di “materia” come qualcosa di separato, fuori dall’io che l’osserva. Per la fisica quantistica il mondo non è fatto di oggetti, ma è una totalità in cui tutto è intercorrelato e interconnesso. Non c’è una materia esterna da studiare, non ci sono mattoni fondamentali, i concetti di causa ed effetto perdono senso come pure quelli di spazio e di tempo lineare. Come sostiene Fritjof Capra, siamo agli albori di una rivoluzione culturale che ci porterà a pensare in maniera radicalmente diversa da come abbiamo fatto negli ultimi trecento anni.
Cogliere la profonda unità di tutto l’universo, compresi noi stessi, è sempre stato lo scopo ultimo dell’Advaita. Per la tradizione indiana, questa è la verità perenne (sanathana dharma ) da cui non dovemmo mai allontanarci benché troppo spesso nella vita il mondo ci appaia come una moltitudine di cose separate e frammentate. Questa esigenza di verità non è però la sola a cui dobbiamo sottostare. Essa è indissociabile infatti dal bene stesso e dalla dimensione di pace interiore..
Ancora una volta, si tratta di una verità semplice, forse la più semplice. “ Il benessere che deriva dalla conoscenza che “Tutto è Uno” non può essere ottenuto per mezzo di una conoscenza frammentaria che separa le cose e gli esseri” (1.4) “ Colui che pensa “io sono separato”, “tu sei separato”, “egli è separato”, ect, si comporta in un certo modo verso se stesso e in maniera diversa verso gli altri. Non può evitarlo” (1.6). “Una persona che guarda a se stessa alla stessa maniera in cui guarda gli altri, e gli altri come guarda se stessa, non potrà che essere onesta e giusta. Quando mai il male potrà attaccarsi a colui che è consapevole che è uno con gli altri? Dimmi: esiste una via migliore verso il Bene se non la conoscenza dell’Unità?” (1.8).
Il fulcro della questione consiste nel disinnescare quel meccanismo naturale che àncora la mente e ogni pensiero all’ego, alla sua affermatività, al suo inestinguibile desiderio di appropriazione. Soltanto se impariamo a guardare le cose con occhio uguale, senza l’interesse, senza l’avidità, senza l’ingordigia dell’ego, l’uomo raggiunge la vera pace interiore. Come ribatte il capitolo VI, tutti i mali del mondo hanno la loro origine nell’ego, che in maniera illusoria si pone come l’unica realtà. E, paradossalmente, solo colui che è riuscito a tacitare l’ego e che ha raggiunto l’equanimità verso tutte le cose e gli eventi, è competente per essere un uomo di azione.
Il nostro antico e venerabile testo - che ci giunge dalle lontananze assolate dell’India meridionale – ha la capacità di scuotere la nostra sensibilità di uomini contemporanei e di dar corpo ai nostri più reconditi dubbi, quando domanda: quale illusione ha condotto l’uomo a credere che la felicità si trovi nell’ambizione e nel differenziare sempre più l’ego dagli altri? Quale possibilità di successo può avere l’ego di fronte a milioni e milioni di persone che nutrono le stesse ambizioni? “Stando così le cose – ci ammonisce - non devi desiderare invano di dominare sugli altri. Il tuo vano desiderio porterà disperazione a te, come pure agli altri”( 6.3)
In sintesi, nel semplice pensiero “tutto è uno”, si cela il nucleo di ogni ecologia profonda, cioè dell’armonioso rapporto tra uomo e natura, ma anche il segreto della convivenza e il benessere tra uomini, e dell’uomo con sé stesso. . Più in generale, in esso sono contenuti i semi della vera pace che si irradia in ogni ambito della nostra esistenza.
Forse vale la pena di ricordare che, all’indomani di quel momento importantissimo della storia contemporanea che è stato l’11 settembre 2001, - e di fronte alla spirale di vendetta che l’Occidente stava per imboccare - un grande uomo, Tiziano Terzani, invocò proprio il pensiero che tutto è uno.
“Fermiamoci –scriveva- Immaginiamoci il nostro momento di ora dalla prospettiva dei nostri pronipoti. Guardiano all’oggi dal punto di vista del domani per non doverci rammaricare di aver perso una buona occasione.
L’occasione è di capire una volte per tutte che il mondo è uno, che ogni parte ha il suo senso, che è possibile rimpiazzare la logica della competitività con l’etica della coesistenza,… che l’idea di una civiltà superiore ad un’altra è solo frutto di ignoranza” .
Dovremmo arrestarci nel nostro continuo correre di uomini moderni, fermarci davvero, stare in silenzio e riflettere. Forse, riusciremmo lentamente a liberarci dagli impulsi, dalla brama, dall’avidità, dall’ingordigia che costituiscono e danno forma al nostro ego che, come insegna il nostro anonimo, sono la radice non solo della guerra ma di ogni male nel mondo.

domenica 9 maggio 2010

Associazione Rays...alla riscoperta delle nostre radici.

Il presente testo mi è stato gentilmente offerto dagli amici di Rays nel corso di una piacevole permanenza sul loro podere. Merita menzionare che, dal 22 al 25 luglio, si terrà, in questo "giovane" ecovilaggio, l'incontro nazionale della Rete Italiana Villaggi Ecologici.

Rays è una giovane realtà composta da 4 persone che insieme a cani, gatti e galline, vive da 2 anni in un podere in comodato d'uso nell'alta maremma nei pressi del monte “Le Cornate”.
Ci prendiamo cura di noi e del posto applicando i principi della Permacultura.
Sperimentiamo vari metodi di agricoltura naturale da Masonobu Fukuoka all'agricoltura sinergica di Emilia Hazelip con accenni di agricoltura biodinamica di Rudolf Steiner. Abbiamo un bell'orto sinergico che insieme alle erbe spontanee ci permette l'autosufficienza orticola.
Promuoviamo la biodiversità, fonte di inesauribile ricchezza, seminando e piantando alberi da frutto. Nel futuro abbiamo intenzione di applicare un metodo che preveda l'integrazione tra orto e bosco (Forest Garden). E' attiva sul nostro territorio una piccola rete che coinvolge la nostra realtà ed alcuni locali in uno spirito di baratto (di alimenti, sementi, saperi, tempo e racconti) e di mutuo appoggio.
Svolgiamo attività di natura artigianale ed erboristica allo scopo di diffondere e preservare antichi mestieri. La casa dispone di un laboratorio di ceramica, trasformazione delle erbe, restauro ed impagliatura sedie e lavorazioni ad uncinetto.
Proponiamo laboratori ludico-educativi relativi all'espressione corporea (secondo il metodo di danza movimento terapia Maria Fux) e alla manipolazione creativa dell'argilla (metodo Bruno Munari) nella nostra sede e in strutture pubbliche e private.
Proponiamo anche con soddisfazione, da un paio di anni, seminari di yoga, di costellazioni familiari e di Reiki.
Collaboriamo con realtà e associazioni quali la R.I.V.E. (Rete Italiana Villaggi Ecologici), Viverealtrimenti, Basilico, Il popolo degli elfi, il WWOOF ed altre, creando momenti di incontro e condivisione per alimentare un pensiero ecologico che salvaguardi noi e la terra che ci ospita e sia compatibile con le nostre reali potenzialità.
Per il momento non abbiamo possibilità di inserire nuovi membri ma, in uno spirito autenticamente comunitario, siamo disposti ad ospitare persone interessate alla nostra esperienza, previo contatto telefonico o via e-mail.

Associazione Rays
Podere Cavi n°55, 58026 Gerfalco (GR)
Telefono 3347983903
E mail info@associazionerays.org
sito Internet www.associazionerays.org

mercoledì 5 maggio 2010

Calendario prossime attività al Villaggio Verde.

Have a good time, al Villaggio Verde!


MAGGIO

Sab 8
h 15.00: Meditazione delle Fiamme Alchemiche con Eddy Seferian;
h 17.00: Incontro del Gruppo di Studio di Metafisica con il facilitatore Fausto Spinelli;
h 19:30: Cena aperta ai Soci;
h 21:00: Spettacolo teatrale dell’Opera delle Acque: Parole dell'angelo.

Dom 9
h 15.00: Corso di Psicodramma, condotto dalla Dr.ssa Carla Ortona ( tel.338 8615814);
h 15:00: Incontro del Gruppo Teosofico Villaggio Verde;Festa del Loto Bianco, in memoria di M.me H.P.Blavatsky. Con la partecipazione di Antonio Girardi, Segr. Gen. della S.T.I..

Dom 16
h 15.00: Corso di Psicodramma, condotto dalla Dr.ssa Carla Ortona ( tel.338 8615814)

Sab 22
h 15.00: Cercando la Via, storia di un uomo luminoso; l’autrice Isabella Bresci presenta il libro sulla vita di Edoardo Bresci;
h 17:00: Incontro del Gruppo di Studio di Metafisica con il facilitatore Fausto Spinelli

Dom 23
Dalle 10:30 alle 19: Festa dell'Indiacon i nostri amici Hare Krishna con canti,cibo,musica e balli;
h 15:00: Corso di Psicodramma, condotto dalla Dr.ssa Carla Ortona ( tel.338 8615814)

Dom 30
h 15:00: Incontro del Gruppo Teosofico Villaggio Verde; La Fondazione Bernardino del Boca presenta una Testimonianza
h 17:00: Visione Conferenze del prof. del Boca registrate al Villaggio Verde a cura di Graziella Rondano


GIUGNO

Sab 12
h 15:00: Meditazione delle Fiamme Alchemiche con Eddy Seferian;
h 17:00: Incontro del Gruppo di Studio di Metafisica con il facilitatore Fausto Spinelli.

Dom 13
h 15:00: Incontro del Gruppo Teosofico Villaggio Verde; Conferenza di Carla Zocchi Scienza e Spiritualita’

Sab 19
h 17:00: Incontro del Gruppo di Studio di Metafisica con il facilitatore Fausto Spinelli

Dom 20
h 15:00: La Fondazione Bernardino del Boca presenta una Testimonianza
h 17:00: Visione Conferenze del prof. del Boca registrate al Villaggio Verde a cura di Graziella Rondano

Sab 26

h 17:00: Incontro del Gruppo di Studio di Metafisica con il facilitatore Fausto Spinelli

Dom 27
Dalle 10:00 alle 18: Seminario teorico-pratico sulle Campane Tibetane condotto da Giorgio Grungo (tel. 348 7639011 );
h 12:30: Pranzo conviviale
h 15:00: Incontro del Gruppo Teosofico Villaggio Verde


AGOSTO

Dal 14 al 22: Summercamp 2010 La Via del Cerchio; Settimana esperienziale con MANITONQUAT (Medicine Story) ed Ellika Linden.
Sono aperte le iscrizioni


CORSI E ATTIVITA’ SETTIMANALI

Sempre (su appuntamento): Approccio al Cavallo; Lezioni di equitazione naturale e escursioni a cavallo, con Paolo Zoni(016380975-3493790625).

Martedi’
h 10:30-11:30/14:30-15:30: Hatha Yoga; corso base di respirazione, ginnastica, rilassamento e meditazione. Con Isabella Cosentino (0163 80964)

Martedi’
h 19.00 - 20.15: Qi-Gong;ginnastica respiratoria cinese per il benessere psicofisico
Con Sumio Ebisuno (0163 80964)

Sabato
h 10:30-11:45: Qi-Gong;ginnastica respiratoria cinese per il benessere psicofisico
Con Sumio Ebisuno (0163 80964)

Sabato
h 14:00-19:00: Laboratorio gratuito di Recitazione Cinematografica con Gianfranco Fumagalli e Gianluca Sacchi (0163 835183 0163 80561).

Il Villaggio Verde
Localita’ San Germano, 28010 Cavallirio (NO)
Tel. & Fax: 0163/80447
E-mail info@villaggioverde.org
Sito internet www.villaggioverde.org.

lunedì 3 maggio 2010

Il gusto della gioia.

Al Salone Internazionale del libro di Torino, Domenica 16 maggio 2010 alle ore 15,00 nella Sala Avorio Zoè Matthews e Christina Campedelli Padolini
presenteranno il libro: “Il gusto della gioia“, Ananda Edizioni (437 pagine)
Se desiderate un manuale che sia un vero e proprio invito alla gioia e contenga nello stesso tempo suggerimenti, ricette e testimonianze che conducono ad un modo nuovo di concepire l'alimentazione, «Il gusto della gioia» è ciò che fa per voi.
Chi ha visitato almeno una volta il centro di Ananda, sulle colline che guardano Assisi, ne conosce e apprezza la cucina: essa coniuga sapientemente sapori più vicini al mondo indiano con piatti della tradizione mediterranea ed occidentale conditi con l'ingrediente segreto, l'amore gioioso con cui le pietanze vengono preparate. Il tutto con un'attenzione speciale per la natura più sottile del cibo e con una consapevolezza notevole delle basi scientifiche della scienza dell'alimentazione.
Il risultato è eccellente e da tempo gli estimatori attendevano che tutto ciò venisse messo a loro disposizione attraverso le pagine di un libro. «Il gusto della gioia» offre anche più di quanto ci si potesse aspettare ed è adatto soprattutto a chi si avvicina all'alimentazione come parte integrante di un percorso spirituale che punta alla cura e all'armonizzazione dei diversi piani, corpo, mente e anima. Come l'autrice, Zoé Matthews, afferma nell'introduzione vi è un legame molto forte tra il cibo e lo spirito ed è fondamentale conoscere l'effetto che ogni alimento ha sulla mente, perché «comprendere in che modo chi lo cucina e chi lo consuma possono trasformare tali vibrazioni, migliorandole, può condurti più vicino alla felicità e alla gioia che cerchi».
L'edizione cartonata, caratterizzata da un'impostazione grafica curata e accattivante, è ricca di fotografie dai colori brillanti che ritraggono i volti radiosi dei membri della comunità e cibi invitanti. In ogni pagina l'autrice trasmette entusiasmo e offre un incoraggiamento a sperimentare e a esplorare un modo di nutrirsi più sano, ma nello stesso tempo propone cibi gustosi e gradevoli al palato.Il manuale è suddiviso in quattro sezioni, seguite da 150 ricette di deliziosi piatti vegetariani o vegan, corredate da fotografie e illustrate in modo chiaro e semplice.
I piatti proposti sono deliziosi e apprezzati anche dai non vegetariani, ma è importante sottolineare che il vero valore dell'opera risiede nell'aiuto offerto a tutti i ricercatori che desiderano vivere la loro alimentazionein modo più consapevole.

Vi aspettiamo con gioia! I vostri amici di Ananda Edizioni
Il gusto della gioia

ANANDA EDIZIONI
Tel 075-9148375
E-mail info@anandaedizioni.it
www.anandaedizioni.it

sabato 1 maggio 2010

La Città della Luce: Newsletter Maggio-Giugno 2010.

Cari Amici,
come nelle nostre precedenti newsletter del 2008 e 2009 abbiamo dedicato uno spazio all'alfabeto runico e ai significati simbolici e divinatori delle 24 lettere dell'alfabeto vichingo, ci accingiamo ora ad esplorare per sommi capi il mondo della astrologia archetipica.

Conoscere e' una esperienza, tutto il resto e' informazione
Albert Einstein

Le Origini dell'Astrologia

I piu' antichi testi che trattano di astronomia e medicina sono i Veda, ma probabilmente le origini dell'astrologia sono molto piu' remote, poiche' in essi e' scritto che la conoscenza fu consegnata direttamente dal Dio creatore Brahma a pochi uomini saggi (Rishi) che l'avrebbero distribuita in successione diretta ai loro discepoli e nella sua purezza si sarebbe tramandata oralmente per generazioni e generazioni.
La parola Veda deriva dalla radice vid-, vedere, visione, veggenza e nei tempi antichi, nell'eta' dell'Oro, gli esseri umani piu' saggi erano probabilmente in grado di conoscere la realta' in maniera diretta e istantanea utilizzando le informazioni presenti nel campo morfogenetico, forse comunicavano tra di loro grazie alla trasmissione del pensiero attraverso l'etere e si narra che la sapienza universale fosse conservata in un grande archivio conosciuto con il nome di Memorie dell'Akasha, cui era possibile accedere attraverso il corpo astrale.
Con l'avvento dell'attuale era oscura (Kaliyuga) e con il diminuire dei saggi e dei veggenti ad un certo punto gli uomini non furono piu' in grado di aprirsi alla conoscenza diretta della realta' e per non dimenticare divenne necessario imparare a scrivere, a leggere, ad avere dei libri, dove registrare la conoscenza e cosi', circa 5000 anni fa, tutto il sapere dell'umanita' venne trasposto nei Veda.
Purtroppo sembra che solo una minima parte della antica conoscenza sia arrivata intatta fino a noi, e possiamo solo consolarci al pensiero che non sia andata completamente distrutta, come e' accaduto in passato con i vari incendi della biblioteca di Alessandria ad opera dei vari conquistatori Romani, Cristiani, Musulmani...
Certamente con la perdita della connessione con la fonte e con la comparsa della scrittura cio' che veniva scritto comincio' ad essere piu' importante della realta', anzi si pote' iniziare la creazione di una nuova realta', quella scritta sui libri, giustificandola come il frutto di una rivelazione divina, e quindi verita' inconfutabile.
A seconda della verita' che occorreva dimostrare in un certo periodo storico, molte informazioni potevano essere aggiunte, altre potevano essere eliminate e distrutte per sempre.
Si comprende quindi l'importanza e la necessita' di riappropriarsi della capacita' di percepire la realta' in maniera diretta, fenomenologica.
Separati dalla nostra capacita' di "vedere" la realta', costretti a "studiare" , a "pensare", a "leggere" e a "scrivere" abbiamo dato troppa importanza alla mente, abbiamo sviluppato la logica e la filosofia, ma siamo diventati piu' eruditi che saggi e ci siamo allontanati da quella sola e unica verita' con cui un tempo eravamo in contatto.
La parte dei Veda che si occupa di astronomia e astrologia e' chiamata Jyotisha Vedanga, dove Yotish e' una parola sanscrita che significa Scienza della Luce.
Dall'India, culla delle grandi civilta', la cultura dell'astronomia e della astrologia si diffuse presso gli Assiri e i Babilonesi, presso gli Egizi, i Greci e i Romani, quasi scomparve nel Medioevo, riemerse nel Rinascimento, fu rinnegata dal 600 in poi (benche' Galileo stesso ne facesse uso) e relegata infine e definitivamente a pratica magica e superstiziosa nel 700.
Fu solo dalla fine dell'800, che pochi eletti, tra cui Omraam Mikhaël Aïvanhov, Alice Bailey, Helena Petrovna Blavatsky, René Guénon, G. I. Gurdjieff, Rudolf Steiner, Gustav Jung, compresero la grande importanza della cultura orientale e iniziarono a riportare nell'occidente i semi perduti della antica conoscenza dell'Ayurveda, dello Yoga e dell'Astrologia.
Cosi' scrive nel 1925 il filosofo kantiano Ernst Cassirer "L'Astrologia e' uno dei piu' grandiosi tentativi che mai siano stati osati dallo spirito umano per fornire una rappresentazione simbolica globale del mondo"
Paramhansa Yogananda nel suo celebre libro Autobiografia di uno Yogi del 1947 narra che il suo maestro spirituale, Swami Sri Yukteswar famoso astrologo, era solito dire: "Un bambino nasce nel giorno e nell'ora in cui i raggi celesti si trovano in matematica armonia con il suo karma individuale. Il suo tema natale e' un autentico ritratto del suo inalterabile passato e del suo probabile futuro. Ma questo certificato di nascita puo' essere interpretato soltanto da uomini di grande saggezza e intuizione; e questi sono pochi".
In Psicologia e Alchimia (1944) Jung scrive: "la scienza comincio' con lo studio delle stelle, nelle quali l'umanita' scopri' le dominanti dell'inconscio, gli Dei, cosi' come le bizzarre qualita' psicologiche dello zodiaco, proiezione completa della caratterologia".
E ancora Jung, in una lettera del 6 settembre 1947 all'astrologo indiano B. V. Raman scrive: «Nei casi di diagnosi psicologiche difficili di solito faccio fare l'oroscopo per acquisire un ulteriore punto di vista da una visuale completamente diversa. Debbo dire che molto spesso ho trovato che i dati astrologici spiegavano certi punti che altrimenti sarei stato incapace di capire».

Lo Zodiaco, dal greco "ruota degli animali", ma anche "ciclo della vita", e' una fascia circolare immaginaria parallela all'equatore avente una circonferenza di 360 gradi e una ampiezza di 17.
E' attraversato dall'eclittica solare, la linea circolare che rappresenta il cammino apparente del sole, tutti i pianeti, osservati dalla terra, si muovono all'interno di questa fascia.
I 12 segni zodiacali sono le sezioni in cui e' diviso lo Zodiaco, misurano 30 gradi ciascuno e devono il loro nome ad una costellazione.
L'Ariete e' il primo segno dello Zodiaco che in occidente coincide con l'equinozio di Primavera, il 21 Marzo.
In realta', da un punto di vista astronomico, a causa della rotazione dell'asse terrestre, fenomeno conosciuto con il nome di "precessione degli equinozi", sono circa 2000 anni che nell'equinozio primaverile il sole si trova nella costellazione dei Pesci.
Al tempo degli Egizi e degli Assiro Babilonesi, dal 2000 a.C fino alla nascita di Cristo, il Sole si trovava effettivamente nella costellazione dell'Ariete nel periodo che va dal 21 marzo al 21 aprile.
Cosi' come Mitra, divinita' Indo Iranica, 4000 anni fa uccideva il Toro, il Cristo 2000 anni fa ha posto fine alla vecchia era dell'Ariete inaugurando quella dei Pesci. Fra qualche centinaio di anni il 21 marzo cadra' nella costellazione dell'Aquario, dando inizio alla famosa New Age che stiamo tutti (o quasi) aspettando.
La coincidenza dell'equinozio primaverile con il segno dell'Ariete e' rimasta invariata nella astrologia occidentale, forse proprio come conseguenza della perdita di conoscenze astronomiche, sebbene nel frattempo il periodo di transito del Sole nelle costellazioni si sia gradualmente spostato in avanti di 30 gradi, ossia un mese.
L'oroscopo vedico, al contrario, ha conservato l'antica conoscenza astronomica e ha sempre considerato la effettiva corrispondenza tra il sole e le costellazioni, retrocedendo le posizioni planetarie nei segni di una ventina di gradi, per questo motivo viene definito siderale, mentre l'oroscopo occidentale, basato sulla semplice corrispondenza tra i segni e le stagioni, viene chiamato solare o tropicale.
Inoltre se nell'astrologia occidentale e' la posizione del sole, simbolo dell'io e della personalita', che definisce l'appartenenza ad un segno zodiacale, nell'astrologia vedica e' la posizione della luna, simbolo delle qualita' del cuore e dell'anima.
Potrebbe essere sconcertante per una persona nata a fine marzo e quindi convinta di appartenere al segno dell'Ariete, scoprire che in realta' il suo Sole si trova nella costellazione dei Pesci. E se poi la sua Luna si trovasse in Toro, nell'Oroscopo Vedico quello sarebbe il suo segno.
Molti detrattori tentano di inficiare la validita' dell'astrologia adducendo queste ed altre ragioni, come ad esempio la diversa estensione delle costellazioni e quindi la diversa durata del transito del sole, ma ancora una volta con saggezza ed apertura mentale e' possibile superare ogni apparente contraddizione tra le conoscenze dell'oriente e dell'occidente considerandole tra loro complementari.
L'astrologia occidentale, focalizzata sul rapporto terra-sole-pianeti, potra' fornire utili indicazioni sulla struttura psicologica dell'individuo e sulla possibile risoluzione e integrazione dei conflitti, mentre l'astrologia siderale incentrata sul rapporto tra il sistema solare, le stelle fisse e la galassia stessa sara' piu' appropriata per darci informazioni sulla struttura della nostra anima e sul significato evolutivo della nostra attuale incarnazione.
L'Astrologia Archetipica che proponiamo presso La Citta' della Luce si propone di utilizzare al meglio le conoscenze dell'Astrologia Solare e di quella Siderale, in fondo anche questo e' un modo di praticare Reiki, che e' unire tutto cio' che appare separato.
Ma vediamo ora di gettare un fugace sguardo sulle caratteristiche dei due segni che simboleggiano questo periodo dell'anno: l'Ariete, segno solare di fuoco, e il Toro, segno lunare di Terra.

Negli antichi libri sanscriti, i Veda, l'Ariete e' chiamato Agni, che significa fuoco, fuoco celeste, purificatore, fuoco per il sacrificio agli dei.
Il mito occidentale piu' antico che si collega all'Ariete e' quello degli Argonauti alla ricerca del vello d'Oro, mito eroico, che celebra l'intraprendenza, la virilita', il coraggio.
L'Ariete e' un segno zodiacale cardinale e di fuoco. E' governato da Marte e Plutone. In questo segno il Sole si trova in esaltazione, Venere in esilio, Saturno in caduta.
L'Ariete e' collegato all'archetipo del Guerriero, principio maschile e solare, simbolizza lo sprigionarsi delle energie naturali, la forza del seme che rompe la scorza, che mette radici, che si fa largo nella terra per raggiungere il sole e la luce.
Nel suo aspetto luminoso l'Ariete rappresenta la forza, il coraggio, la lealta', la disciplina, la passionalita', l'ardimento nel compiere nuove imprese.
Il lato oscuro e' costituito dalla tendenza all'aggressivita' eccessiva, alla vanagloria, all'individualismo sfrenato, alla mancanza di costanza, alla difficolta' ad andare in profondita' nelle relazioni e nei concetti.
Non a caso l'Ariete e' opposto al segno della Bilancia, di cui deve integrare le caratteristiche di socialita' per comprendere il concetto di comunione e condivisione.

Secondo l'astrologia occidentale, il Toro e' un segno zodiacale fisso e di terra, governato da Venere. In questo segno la Luna si trova in esaltazione, Marte e Plutone in esilio, Mercurio in caduta.
Il Toro e' collegato all'archetipo della Madre Terra, femminile e lunare, che eternamente genera l'universo e nutre i viventi, grembo fertile che riceve i semi e li sostiene nella crescita.
Il Mito classico e' quello del Minotauro, bestia mostruosa, meta' uomo e meta' toro, imprigionato nel Labirinto, che rappresenta il tentativo controllo sulle pulsioni istintive e inconsce della natura umana.
Le persone con posizioni di rilievo in questo segno zodiacale sono di solito affidabili, costanti, sensuali, amanti dei piaceri. Pratiche e semplici, amano la loro casa e la natura e sono molto legate alla loro famiglia di origine e alla terra natale.
Nel suo lato oscuro il Toro si rivela caparbio e ostinato fino all'irragionevolezza, eccessivamente attaccato alle sicurezze e ai beni materiali, possessivo, geloso, permaloso. Per non parlare di quando, dopo aver lungamente e pazientemente sopportato, alla fine vede rosso e s'infuria…
Il segno del Toro e' opposto al segno dello Scorpione, di cui deve integrare la capacita' di lasciare andare il passato e il distacco dai beni materiali.

Come di consueto, Vi ricordiamo i nostri prossimi appuntamenti

Sabato 8 e Domenica 9 Maggio 2010 a Ripe (AN)
Seminario di Primo Livello Reiki: L'Arte della Guarigione


Sabato 15 e Domenica 16 Maggio 2010 a Bologna
Seminario di Costellazioni Familiari: La Guarigione delle Radici


Sabato 22 e Domenica 23 Maggio 2010 a Modena
Festival La Citta' Olistica a Modena



Da Sabato 29 Maggio a Domenica 6 Giugno 2010 a Ripe
Maratona Olistica: Una Full Immersion di Consapevolezza e Benessere,
una opportunita' per tutti coloro che desiderano lanciarsi in una avventura di esplorazione e liberazione da vecchi meccanismi e vecchi condizionamenti.
Una Full-Immersion nel mondo delle Costellazioni Familiari ed Archetipiche, una esplorazione approfondita del Metodo Fenomenologico.
Una occasione per gli studenti della Scuola Olistica di incrementare conoscenze e ore di didattica teorica e pratica.
E' possibile partecipare ad un singolo seminario, oppure a uno o piu' giorni, oppure all'intero Intensivo.

Sabato 29 e Domenica 30 Maggio 2010 a Ripe (AN)
Seminario di Costellazioni Familiari: La Guarigione delle Radici
Analisi dei blocchi energetici nella famiglia di Origine e nell'Albero Genealogico

Da Lunedi' 31 Maggio a Giovedi' 3 Giugno 2010
Continua il lavoro con le Costellazioni Familiari,
dove sara' possibile esplorare a fondo le dinamiche familiari nel processo delle relazioni affettive, del rapporto con il successo, l'abbondanza e l'autorealizzazione.
Verranno proposti esercizi e tecniche per stimolare, sviluppare e integrare le varie tematiche
Sara' possibile integrare il lavoro con Trattamenti Ayurvedici e Fiori di Bach.

Venerdi' 4, Sabato 5 e Domenica 6 Giugno 2010
Seminario di Primo Livello Avanzato: Il Viaggio dell'Eroe

Sabato 12 e Domenica 13 Giugno 2010
Seminario di Primo Livello Reiki Metodo Usui: L'Arte della Guarigione

Venerdi' 18, Sabato 19 e Domenica 20 Giugno 2010
Seminario Introduttivo di Astrologia
tenuto da Massimo Meloni. Il seminario iniziera' alle ore 15 del venerdi' e terminera' alle ore 20 della domenica. Continuera' dopo la cena del venerdi' e del sabato, indicativamente dalle 22 alle 24. Verranno esplorati i principali significati dei segni, dei pianeti, delle case e degli aspetti e verranno fornite interpretazioni dei temi natali dei partecipanti

Sabato 26 e Domenica 27 Giugno 2010
Seminario di Secondo Livello Reiki Metodo Usui: L'Albero della Vita

Vi auguriamo un Buon Viaggio nella Vostra Vita
Lo Staff della Citta' della Luce