TRANSUMANZA

QUESTO BLOG E' IN VIA DI SUPERAMENTO. NE STIAMO TRASFERENDO I POST MIGLIORI SUL SITO DI VIVEREALTRIMENTI, DOVE SEGUIRANNO GLI AGGIORNAMENTI E DOVE TROVATE ANCHE IL CATALOGO DELLA NOSTRA EDITRICE. BUONA NAVIGAZIONE!

domenica 30 agosto 2009

La comunita' europea della settimana: Zegg (Germania).

A circa 80 chilometri a sud-ovest di Berlino, è una realtà piuttosto versatile. Fondata nel 1991, ha passato varie fasi. In principio era un omogeneo gruppo di pionieri che si è poi trasformato in un network di diverse attività di natura politica, artistica e spirituale. È abbastanza centrale la ricerca di nuovi modelli di espressione della sessualità e di un equilibrio ed una pace interiori avendo, come corollario, un costante lavoro su “l’essere trasparenti”, nei riguardi di se stessi e degli altri.
A questo riguardo credo meriti menzione il Forum, uno spazio, dotato di palcoscenico, in cui possano essere espressi e “teatralizzati” pensieri, sentimenti e volizioni per promuovere la trasparenza degli individui nei più importanti ambiti del vivere individuale e collettivo.
La comunità dispone di 15 ettari di terreno con un grande orto biologico ed in cui si opera in sintonia con i principi della permacultura, una foresta, una casa per bambini, bar, una piscina, laboratori, uno studio d’arte ed altro.
A Zegg si organizzano seminari e molte conferenze attraverso la Zegg GmbH (una limited di cui sono soci alcuni residenti, proprietaria del terreno su cui sorge l’ecovillaggio).
È complessivamente una realtà piuttosto attiva. Ha ospitato l’incontro del GEN Europe nel luglio 2004.
Sono 87 i residenti di cui 13 bambini.
L’economia è soprattutto di tipo privato (alcuni residenti lavorano nell’ambito della limited citata, altri hanno lavori autonomi all’interno o meno della comunità) e le decisioni vengono prese per consenso.
Si utilizza l’acqua di un pozzo comunitario ed un filtro naturale, il riscaldamento è integralmente a legna ed alcune automobili “vanno ad olio vegetale”. Zegg non è una realtà isolata sul territorio ma collabora costantemente con altre realtà locali per potenziare un’economia sostenibile su base regionale.
In ambito comunitario viene, infine, valorizzata una dieta di tipo vegetariano o vegano.

Fotografie di Zegg
Video di Zegg

Zegg (Zentrum fuer experimentelle GesellschaftsGestaltung), Rosa Luxemburg Str. 89 - D 14806 BELZIG - Deutschland ()
Tel. 033841-59510
E-mail empfang@Zegg.de
Sito Internet www.Zegg.de

martedì 25 agosto 2009

Lo yoga e Smriti.

La scienza dello yoga si applica a tutti gli aspetti della vita.
Gli effetti delle pratiche yogiche, durante e dopo le applicazioni, sono stati costantemente monitorati da medici e scienziati di tutto il mondo ed è stato dimostrato che le asana, il pranayama, i mudra ed i bandha [branche diverse della scienza dello yoga] sono un potente strumento per recuperare e mantenere una buona salute fisica e mentale.
Speriamo dunque di assistere, nel prossimo futuro, ad una crescente applicazione dello yoga in tutti gli ambiti della nostra vita.
(Tradotto da: Swami Satyananda Saraswati, Asana Pranayama Mudra Bandha, Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India, 2006).


Lo yoga (dal sanscrito yuj, “unire” o meglio “aggiogare”) può anche essere presentato come un viaggio nei diversi livelli del sè, riconducibili al corpo ed al respiro, alla coscienza individuale fino alla coscienza transpersonale ovvero, per citare una definizione del Journal of Transpersonal Psychology, a quegli “stati di coscienza unitivi, spirituali e trascendenti”.
Lungi dal vincolarsi alla sola sfera del sacro, come può credere ancora qualcuno, lo yoga è un fenomeno che può essere agevolmente letto con lenti scientifiche.
Tuttavia, nella sua terra natale, l’India, lo yoga ha ancora, presso molti maestri, una vocazione fortemente bhakti: devozionale. È questo senz’altro il caso della yogini Smriti Singh. La smriti, del resto, identifica, a livello culturale, la “tradizione” o, stando alla traduzione letterale, la “memoria”. Nell’ambito della filosofia e della religiosità indiane segue la śruti (rivelazione), peculiare della fase vedica, assumendosi l’onere di mantenerne vivo l’influsso sulla società e chiarirne i significati profondi.
La letteratura della smriti comprende dunque aforismi (sūtra) -cui seguiranno i diversi śastra, “trattati”, “testi autorevoli” relativi al dharma (Dharmaśastra e Mānavadharmaśāstra) ed alla sfera della ricchezza e del potere (Arthaśāstra)- e gli Itihāsa (“Storie del passato”), i più celebri dei quali sono due imponenti poemi epici -il Mahābhārata ed il Rāmāyana- e raccolte di antiche leggende (Purāna).
Al di là dell’altisonanza del nome, Smriti è una persona molto informale ed accessibile, contrariamente alla supponenza ed albagia di molti pandit o sedicenti guru (spesso, semplicemente, più o meno abili pataccari, lo dico forte di un’esperienza di vita in India di circa 4 anni).
Il suo centro di yoga, nel cuore della città santa di Varanasi, è un “centro aperto”.
Gli studenti si trattengono spesso anche oltre l’orario delle lezioni, per bere un tè e chiacchierare. A volte accompagnano Smriti nei suoi giri che hanno spesso come meta un tempio, uno dei tanti in una delle città più religiose dell’India, dove officiare una puja (celebrazione di offerta alla divinità).

Breve storia dello yoga
Lo yoga come lo conosciamo oggi si è sviluppato nell’ambito della civiltà tantrica, presente in India ed in diverse altre parti del mondo circa 10.000 anni fa.
Nel corso di scavi archeologici effettuati nella Valle dell’Indo, ad Harappa e Mohenjodaro (oggi in Pakistan), sono state trovate molte statuine di divinità con le fattezze di Shiva e Parvati intenti a praticare asana (posture yogiche) o forme di meditazione.
Queste rovine erano un tempo insediamenti abitativi di un popolo vissuto nel periodo pre-vedico, prima che fiorisse la civiltà ariana nel sub-continente.
Stando alla tradizione mitica, Shiva fu il fondatore dello yoga e Parvati la sua prima discepola.
Shiva viene ampiamente considerato, in India, il simbolo e l’incarnazione della coscienza suprema laddove Parvati rappresenta la conoscenza assoluta, la volontà e l’azione, oltre ad essere responsabile della creazione.
La sua forza o energia è anche conosciuta come kundalini shakti ed è presente, dormiente, in tutti gli esseri viventi.
[…]
Tantra è una combinazione di due parole, tanoti e trayati che significano, rispettivamente, “espansione” e “liberazione”.
Attraverso il tantra si può ottenere la liberazione dai legami del mondo pur continuando a vivere in esso.
Il primo passo, nel tantra, è conoscere i limiti e le capacità del corpo e della mente. In un secondo tempo, prescrive tecniche per l’espansione della coscienza e la liberazione dell’energia, nel momento in cui le limitazioni individuali vengono trascese ed una realtà più alta viene esperita in maniera diretta.
[…]
Nei tempi pre-vedici e vedici le tecniche yogiche venivano tenute segrete, passando semplicemente dalla bocca del maestro all’orecchio del discepolo.
[…]
I primi libri a riferire dello yoga sono stati gli antichi Tantra e, successivamente, i Veda che tuttavia non presentano pratiche specifiche limitandosi a fornire, piuttosto, alcuni riferimenti simbolici.
I versi dei Veda, difatti, prendevano corpo nella mente dei rishis (chiaroveggenti) in uno stato di profonda meditazione yogica (samadhi) e, una volta scritti, venivano considerati oggetto di rivelazione.
Sarà poi nelle Upanishads che lo yoga inizierà ad assumere una forma più definita. Queste scritture, nel loro insieme, formano il Vedanta, il culmine dei Veda, di cui, si sostiene, contengano l’essenza.
Nel sesto secolo avanti Cristo l’influenza di Buddha si ripercosse positivamente sugli ideali di meditazione, etica e morale e dunque le pratiche preparatorie dello yoga iniziarono ad essere ignorate.
Tuttavia, alcuni pensatori indiani realizzarono presto quanto rischiasse di essere limitativa questa visione.
Nel trattato sul raja yoga (comunemente conosciuto come gli Yoga-Sutras e di cui si discute, ancora oggi, l’esatta datazione; le ipotesi oscillano tra il secondo-terzo secolo avanti Cristo ed il secondo-terzo secolo dopo Cristo per quanto alcuni elementi del trattato possano essere datati intorno al quarto secolo dopo Cristo), Patanjali codificò il primo definitivo ed integrale sistema di yoga.
Spesso identificato come il sentiero degli otto stadi, comprende yama (astensioni), niyama (prescrizioni), asana (posture, esercizi fisici), pranayama (esercizi respiratori), pratyahara (il ritirarsi della coscienza dall’ambiente esterno), dharana (concentrazione), dhyana (meditazione) e samadhi (l’identificazione con la pura coscienza).
Lo yogi Matsyendranath, vissuto tra il nono ed il decimo secolo dopo Cristo insegnò che prima di addentrarsi nella pratica della meditazione, il corpo ed i suoi elementi hanno bisogno di una purificazione.
Fondò il culto dei Nath e la postura yogica matsyendrasana ricorda il ruolo cruciale che ha avuto nella storia della disciplina.
Il suo principale discepolo, Gorakhnath, scrisse libri di hatha yoga nel dialetto della sua regione ed in hindi.
La tradizione indiana prevedeva, in realtà, che i testi originali fossero scritti in sanscrito. In molti casi venivano utilizzati riferimenti simbolici di modo che solo coloro che erano pronti a ricevere un determinato insegnamento fossero in grado di comprendere.
Una delle maggiori autorità riguardo l’hatha yoga, Swami Swatmarama, scrisse, nel quindicesimo secolo, lo Hatha Yoga Pradipika o “Far luce sullo Yoga”, in sanscrito, considerando tutto il materiale esistente in merito. Nel far questo, ridusse l’enfasi su yama e niyama, eliminando un ostacolo che scoraggiava molti principianti.
Nell’Hatha Yoga Pradipika, Swatmarama inizia a focalizzare la propria attenzione sul corpo e solo in un secondo momento, quando la mente inizia ad essere più stabile e bilanciata, considera gli elementi dell’autocontrollo e della disciplina.

La rilevanza dello yoga oggi
La terapia fisica e mentale sono una delle più importanti acquisizioni dello yoga.
Ciò che lo rende così potente ed efficace è il fatto che lavora su principi olistici di armonia ed unità.
È stato riscontrato un buon successo dello yoga come forma alternativa di terapia in malattie quali l’asma, il diabete, l’artrite, disordini digestivi, squilibri della pressione arteriosa e problematiche di natura cronica.
La ricerca sugli effetti delle pratiche yogiche su persone affette da HIV sta avanzando con risultati promettenti.
A parere di illustri esponenti della scienza medica, la terapia yogica ha successo per l’equilibrio che crea nei sistemi nervoso ed endocrino che influenza direttamente tutti gli altri sistemi ed organi del corpo.
Per la maggior parte delle persone, tuttavia, lo yoga è semplicemente sinonimo di salute e benessere in una società ogni giorno più stressante.
Le asana rimuovono la tensione fisica accumulata durante la giornata, in ufficio.
Le tecniche di rilassamento aiutano a massimizzare l’efficacia di un tempo progressivamente meno disponibile.
In un’epoca di cellulari e shopping ininterrotto, le pratiche yogiche rappresentano un importante serbatoio di senso.
Oltre le esigenze individuali, i principi sottintesi dello yoga offrono un reale strumento per combattere il disagio sociale.
In un momento storico in cui il mondo sembra essere giunto ad un punto morto, nel rifiuto di valori tradizionali cui non si è stati in grado di sostituirne di nuovi, lo yoga offre un percorso attraverso il quale i praticanti hanno modo di connettersi con il loro più autentico essere interiore, sviluppando armonia e compassione.
Possiamo dunque dire che lo yoga non si limiti ad essere, semplicemente, un complesso di esercizi fisici ma sia piuttosto un valido supporto per impostare un nuovo stile di vita che coinvolga, armonizzandole, la realtà interiore e quella esteriore.
Questo nuovo modo di vivere, tuttavia, è un’esperienza che non può essere compresa intellettualmente e può solo divenire, attraverso la pratica e l’esperienza, una “conoscenza vivente”.
(Swami Satyananda Saraswati, Asana Pranayama Mudra Bandha, Yoga Publications Trust, Munger, Bihar, India, 2006, pp.1-6, traduzione mia).

Smriti: un’autopresentazione
Sono nata nel nord dell’India, nella città santa di Varanasi (un tempo conosciuta come Kashi: la città della luce) dove gli hindu sperano di morire per l’ultima volta.
Era il 3 dicembre 1976.
Mia madre è una buona yogini ed ha iniziato ad insegnarmi le asana quando ero ancora bambina.
A 16 anni ho cominciato a frequentare il Besant Kanya Mahavidhyalya (un college fondato da Annie Besant, personaggio particolarmente attivo nell’ambito della società teosofica) dove ho approfondito lo studio del sanscrito.
Nello stesso tempo sono stata eletta Miss Kashi e dunque praticavo costantemente le asana per mantenere la linea, lavoravo in televisione come attrice e giovane giornalista oltre a partecipare ad alcune sfilate di moda.
A 18 anni ho iniziato a studiare storia antica dell’India, filosofia, hindi alla BHU (Benares Hindu University). Alcuni anni dopo ho studiato sociologia, storia e letteratura hindi alla Mahatma Gandhi Kashi Vidhyapeath ed ho seguito un corso di sanscrito alla Sanskrit University finalizzato alla migliore recitazione dei mantra.
A 23 anni ho iniziato a lavorare nella Mother Mary English School dove ho avuto la mia prima esperienza come insegnante di yoga.
Nello stesso periodo ho avuto seri problemi di spondilite e non riuscivo a respirare dalla narice sinistra, dunque ho iniziato ad integrare la pratica delle asana con alcuni tradizionali esercizi respiratori conosciuti, nella scienza dello yoga, come pranayama.
Feci un’intervento al naso ma senza successo, dunque ho imparato lo shatkarma (sei esercizi di purificazione interna: neti, dhauti, nauli, basti, kapalbhati, trataka) nell’International Yoga Ashram Nagwa Assi e, in questo modo, ho risolto tutti i miei problemi.
Ho iniziato a lavorare in un centro di recupero per tossicodipendenti come yoga-terapeuta. Ho continuato per 5 anni avendo molto successo: molte persone sono state recuperate. Nel 2004 ho fondato la ONG Om International Yoga Health Society ed ho iniziato ad insegnare regolarmente in un quartiere del centro storico della città.
Nel marzo 2007 ho creato un mio centro di yoga ad Assi Ghat, l’area internazionale di Varanasi (dove trascorreva lunghi periodi lo scrittore italiano Tiziano Terzani), di fronte al Gange e poco distante dalla BHU.

Gli insegnamenti

In genere offro 90 minuti-2ore di lezione integrata di yoga.
Inizio con un’offerta a Shiva, cantando il Mahamritiunjay Mantra come pratica di bhakti-yoga (yoga della devozione).
Mi astengo dal farlo durante il mio periodo mestruale o quando gli studenti me ne fanno esplicita richiesta.
Dopo la pratica di bhakti-yoga inizio a guidare esercizi di riscaldamento, così da preparare il corpo alla pratica delle asana.
Inizio la mia lezione di asana con i saluti al sole (Surya Namaskar): una sequenza di 12 asana che risale al periodo vedico e viene considerato uno dei metodi più utili per avere una vita sana, attiva e vigorosa e per preparare l’espansione della consapevolezza.
Dopo aver fatto eseguire 7-8 volte il Surya Namaskar, guido alcune asana scegliendole tra 6 diverse tipologie.
Le sequenze che faccio eseguire variano da lezione a lezione, a seconda del livello di esperienza e della preparazione fisica degli studenti.
Dopo questa fase un po’ di tempo deve essere dedicato alla pratica del pranayama (un’insieme di pratiche che utilizzano il respiro per influenzare il flusso di energia vitale -prana- nei canali energetici -nadi- del corpo energetico -pranamaya kosha-), spesso ingiustamente ignorata; il respiro è il nostro principale processo vitale che influenza i processi di ciascuna cellula ed è intimamente legato al cuore ed all’attività del cervello.
La mia lezione standard -che include nella pratica del pranayama anche quella dei bandha e dei mudra- (per delucidazioni al riguardo rimando ad un testo, specializzato, di yoga per evitare penalizzanti semplificazioni) termina con una breve esperienza meditativa (lo stadio della meditazione, tuttavia, richiede lezioni finalizzate) e semplici asana di rilassamento.
Condizioni richieste per partecipare sono: uno stomaco vuoto, vestiti comodi ed un’attitudine seria.
Smriti

Om International Yoga Health Society
La Om International Yoga Health Society, ONG ufficialmente approvata dal governo indiano, è stata fondata con lo scopo di promuovere la pratica dello yoga come supporto terapeutico e percorso spirituale.
Nel dettaglio gli scopi dell’organizzazione sono:

1)Promuovere la conoscenza dello yoga contribuendo allo sviluppo di una “salute sociale”;
2)aiutare le persone con disagi fisici e psicologici;
3)offrire corsi e trainings di varia durata (una settimana, un mese, tre mesi etc) ovunque ne venga fatta richiesta;
4)offrire lezioni gratuite di yoga e meditazione per pazienti affetti da H.I.V., cancro o tossicomani;
5)organizzare dimostrazioni di yoga, programmi di un’ora e stages nel centro della Society, in hotels di Varanasi e dovunque ne venga fatta richiesta;
6)contribuire ad iniziative ecologiche e culturali a Varanasi ed in India.

Servizi offerti dalla Society

In aggiunta alle lezioni standard di ashtanga yoga descritte nella sezione degli insegnamenti, la Om International Yoga Health Society offre lezioni di:

hatha yoga,
kriya-yoga,
nada-yoga,
kundalini-yoga,
bhakti-yoga,
mantra-yoga,
shatkarma (sei esercizi di purificazione interna),
dhyana
(meditazione),

Sessioni di reiki, pranic healing e riflessologia,
Diversi tipi di massaggio: ayurvedico, svedese, Shiatsu ed altri.
Meditazioni di Osho
Consulenze alla luce delle antiche conoscenze indiane di astrologia, numerologia e chiromanzia offerte dal pandit Ramesh Mishra di Varanasi.

RecapitiOm International Yoga Health Society

Ufficio: Brij Enclave Colony, Sunderpur, Varanasi

Centro di yoga: Opp. Alok Nursing Home Assighat Road, upper the Preshak Book-shop B. 1/229-A, Assi, Varanasi 221005 (U.P.), India.

Telefono
+919336916081 +919794113505
E-mail omyogasmriti@yahoo.co.in
Sito Internet www.omyogainternational.com

lunedì 24 agosto 2009

La comunità europea della settimana: Svanholm (Danimarca).

A circa 60 chilometri da Copenaghen,è una realtà fortemente orientata in senso ecologico, comunitario ed autogestionario. A quest’ultimo riguardo credo meriti mezione l’aderenza dei residenti al concetto di selvforvaltning, termine ripreso dal moderno danese e di difficile traduzione. Vuole esprimere l’idea di stimolo alle persone ad essere maggiormente coinvolte nei processi decisionali, sentendosi maggiormente responsabili per gli esiti degli stessi. Le entrate, sia da lavori interni (con l’impresa Svanholm) che esterni alla comunità, vengono collettivizzate e le decisioni vengono prese utilizzando il metodo del consenso nell’ambito della settimanale assemblea comune.
La comunità dispone di 460 ettari di terreno dove vengono coltivati, con metodi rigorosamente biologici, mais e cereali, frutta e verdura.
L’esperimento è ormai ben collaudato; va avanti dal 1978.
Sono oltre 150 le persone coinvolte, tra cui un cospicuo numero di bambini che gli adulti tendono a coinvolgere, con le appropriate cautele, nei diversi aspetti della vita comunitaria. In stile peculiarmente danese, gli approviggionamenti elettrici della comunità vengono da generatori eolici. Come a Findhorn Foundation, esiste un depuratore naturale delle acque di scarico: la Living Machine.

Svanholm Allé 2 - Skibb - Danimarca ()
Tel. +45.47566670 - Fax +45.47566607
guestgroup@svanholm.dkThis - eberhard@svanholm.dk
Sito Internet www.svanholm.dk

giovedì 20 agosto 2009

Riflessioni per il giorno della luna nuova: Giovedi' 20 agosto 2009.

Di seguito alcune scarne ma pregnanti riflessioni dal monastero buddista theravada Santacittarama (Il giardino del cuore sereno), nella splendida "subregione" laziale della Sabina, in provincia di Rieti.

Mirando all'obiettivo della liberazione
il saggio abbandona l’oscurità
e ha cara la luce
si lascia alle spalle
la sicurezza meschina
e cerca la libertà dall’attaccamento.
Il desiderio di libertà
è cosa ardua e rara
ma il saggio continuerà a cercare
distaccandosi da tutto ciò che si frappone
purificando il cuore e la mente.

Dhammapada strofe 87-88

Il Buddha ci offre con queste immagini una descrizione della meta, per
darci sollievo e sostegno nello sforzo di lasciar andare quello che ci
ostacola e ci limita. Se ci atteniamo troppo rigidamente alle
immagini, perdiamo la prospettiva del fattore del qui e ora del nostro
viaggio e invece di praticare realmente, immaginiamo la pratica. Ma se
non diamo il giusto rilievo alla meta, ci perdiamo nella distrazione
degli oggetti dei sensi, piacevoli e spiacevoli. La ricerca della vera
libertà può essere difficile ma aiuta a riflettere su quanta
sofferenza si crea se non pratichiamo. Con la saggia riflessione
scopriamo di poter tollerare i periodi bui e difficili. Quando torna
la luce, la teniamo cara e scopriamo come amare con più pienezza la
verità.

Con Metta

Bhikkhu Munindo

mercoledì 19 agosto 2009

Zia Nanda e le "sue" tante storie di un'altra vita.

Fernanda Pivano, conosciuta nell'ambiente underground milanese degli anni '60 come Zia Nanda (nella sua casa molti ragazzi allo sbaraglio on the road facevano scalo o naufragio, per una doccia calda, una cena dopo giorni di “precarietà alimentare”, senza tuttavia subire censure per qualche vizietto poco gradito ai benpensanti), ha lasciato ieri questo piano di realtà. Grazie a lei, abbiamo preso contatto con tante “storie di un’altra vita”, soprattutto in terra d’America, cercando faticosamente di trasferirne la fragranza dalla nostra parte dell’oceano.
E tuttavia, Zia Nanda non ha mancato di dare il giusto valore anche alle grandi storie italiane di un’altra vita, ad esempio a quella di Fabrizio de Andrè che considerava “il più grande poeta italiano del secolo”.
Zia Nanda ci ha lasciati a 92 anni, stanca di prendere le tante pastiglie prescritte dai medici ed ancora felice di autografare libri di Hemingway, di Miller, di Ginsberg e di ricevere poesie e manoscritti da giovani, anche giovanissimi creativi.
Credo sia nostro compito, di coloro che si riconoscono nella variegata costellazione del VivereAltrimenti, raccogliere il testimone cercando di non perdere il passo...

Articolo, sul corriere della sera, di addio a Zia Nanda
La mia giovane vecchiaia, di Zia Nanda
Il suo sito internet

lunedì 17 agosto 2009

La comunita' americana della settimana: The Farm.

Gli Stati Uniti sono il paese che conta il maggior numero di esperienze comunitarie (circa 2000 per un totale di circa 100.000 residenti), la più celebre delle quali è senz’altro The Farm.
Questa comunità viene fondata nel 1971 (è dunque coetanea di Christiania) da Stephen Gaskin, docente di inglese e semantica alla Sant Francisco State University, da cui viene espulso nel ’66).
Attorno alla figura stravagante di Gaskin si coagula l’ala studentesca più radicale, hippy e pacifista, che, naturalmente, è ben felice di seguirlo fuori delle mura accademiche.
La proprietà (850 ettari di terreno) è acquistata con i contributi di tutti coloro interessati al progetto, divenendo collettiva. In principio i residenti stabili sono circa 250 e si danno da fare a costruire le prime case.
Alla fine del ’71 i residenti salgono a 450 e triplicano nell’arco di poco più di dieci anni. In questo periodo The Farm è una fucina di idee e attività.
Nel ’74 viene fondata un’associazione di soccorso e sviluppo per sostenere la popolazione dell’Alabama, devastata da un uragano. Qualche anno dopo molti comunitari intervengono in Guatemala per sostenere la popolazione terremotata e la comunità ospita un centro, gratuito, per il parto naturale.
Quando è quasi all’apice delle adesioni, agli inizi degli anni ‘80, The Farm conosce un’importante crisi economica. Ha accumulato molti debiti, sostentandosi unicamente con versamenti volontari.
Molte persone che lavorano fuori collettivizzano il proprio stipendio ma, evidentemente, non basta.
Si impone la scelta di passare ad una gestione privatista.
La terra continua ad essere di tutti ma ciascuno deve provvedere al proprio sostentamento, impegnandosi a versare 100 dollari al mese per contribuire a coprire il buco nel bilancio. È questo un passaggio molto difficile.
Molti membri stigmatizzano la scelta “privatista” come un tradimento degli ideali comunitari ed abbandonano la comunità. A seguito del crac economico e della scelta privatista The Farm, in pochi anni, giunge a contare nuovamente solo 250 residenti. Oggi The Farm continua a rappresentare un grande laboratorio ecologico e sociale. A distanza di oltre trentacinque anni dalla fondazione, la comunità non è più un’enclave hippy votata alla ricerca psichedelica ma alcuni valori di base come la nonviolenza e il pacifismo sono rimasti. Il vegetarianesimo è praticato dalla maggioranza dei residenti ma non è più una conditio sine qua non per vivere a The Farm. A gestire la vita dell’ecovillaggio è un consiglio d’amministrazione eletto dai residenti e un numero imprecisato di comitati che si occupano dei vari settori.
La comunità è attiva sul fronte editoriale, della produzione di tofu, tempeh, latte di soia, funghi shitake, della costruzione di rilevatori di radiazioni e della produzione radio-televisiva.
Vi si organizzano corsi di formazione ecologica in collaborazione con la Gaia University.
Viene inoltre ancora seguita un’attenta attività di formazione sul parto naturale, coinvolgendo levatrici da tutto il mondo.
Le difficoltà economiche sono state dunque superate e l’obiettivo di creare una micorosocietà basata su principi di non violenza, ecologia e solidarietà sembra abbia retto alla prova del tempo.
Ora si carezza, tra gli altri, il sogno di essere presto indipendenti dal punto di vista alimentare anche se è un traguardo ancora lungi dall’essere realizzato.

The Farm, Summertown, Tennessee, Stati Uniti.
Sito internet www.thefarmcommunity.com

domenica 16 agosto 2009

Buone nuove dall'India.

In un paese dove l’uso della “violenza didattica”, nelle scuole, sembra essere ancora abbastanza diffuso, sta raggiungendo la Lok Sabha, la "casa inferiore" del parlamento indiano (equiparabile, pur lontanamente ed un po’ arbitrariamente, alla nostra “Camera”) un progetto di legge particolarmente illuminato.
È il Right Education Bill 2009 che prevede non solo che nessuno studente possa essere soggetto a maltrattamento fisico ma che anche la violenza psicologica debba essere penalizzata.
“Molte scuole”, scrivono I giornalisti Shruthi Balakrishna e Darinia Khongwir sul Times of India del 13 agosto 2009, “lamentano non sia chiara la definizione di violenza psicologica. Con il passaggio del progetto di legge alla Lok Sabha ci si aspetta che gli esponenti dell’HRD Ministry (Ministero per lo sviluppo delle risorse umane) facciano chiarezza al riguardo”.
Un paio di anni fa, provvedimenti di un certo rilievo sono stati presi contro il “nonnismo” dilagante nelle università. Potrebbero essere questi alcuni indicatori di una crescita ed uno sviluppo, non solo economici, del gigante asiatico.

domenica 9 agosto 2009

La comunita' australiana della settimana: Crystal Waters.

Crystal Waters è un ecovillaggio a nord di Brisbane, in Australia, fondato nel 1987. A meno di dieci anni dalla sua fondazione riceve il riconoscimento del World Habitat Award per il lavoro pionieristico effettuato in campo ambientale.
Si tratta infatti di un esperimento comunitario -nato nell’ambito di un progetto di sviluppo ecologico approvato dalle autorità- imperniato sulla permacultura, utilizzata per rilanciare l’occupazione in un’area a forte tasso di emigrazione.
L’area di Crystal Waters include circa 239 ettari di terreno, un quinto dei quali suddivisi in 83 lotti privati ed in un’area riservata ai visitatori.
Il restante 80% -le terre migliori- è di proprietà comune e comprende alcuni piccoli laghi, aree per agricoltura e orticoltura (che i residenti possono prendere in affitto per un prezzo modesto), foreste ed ampi spazi non abitati.
Tale area è amministrata dal Comitato dell’Ente Giuridico con l’ausilio di managers esterni part-time.
Al momento sono oltre 200 i residenti stabili a Crystal Waters ed altre persone che simpatizzano con il progetto si sono trasferite nella vicina cittadina di Melany .
È questa una dinamica che ho riscontrato in altre comunità.
Molti simpatizzanti di Findhorn, ad esempio, avendo deciso di non vivere nell’ambito stretto dell’ecovillaggio, vivono nella vicina Forres o in altri centri limitrofi, contribuendo a comporre la Findhorn Community.
Lo stesso ho notato ad Auroville con la vicina Pondhicherry e anche Damanhur e gli elfi hanno simpatizzanti che vivono nelle vicinanze.
Potremmo dunque parlare, in questi casi, di figure di “comunitari part-time” che considerano la scelta comunitaria troppo totalizzante, privilegiando un coinvolgimento più leggero.
Torniamo, ora, a Crystal Waters.
Per ovviare ai rischi presentati dall’isolamento (la cittadina più vicina è a circa 25 minuti di macchina), i residenti si danno da fare in molti modi, organizzando feste, pranzi comuni, concerti, gite ecc.
Ha un ruolo particolarmente aggregante il “café” dell’ecovillaggio, spesse volte centro propulsore di iniziative di vario genere in ambito comunitario.
Non mancano clubs, gruppi di meditazione, gruppi per sole donne o di gioco per bambini, cinema, un mercatino il sabato ed altro ancora.

Una decisa propensione ecologica

A Crystal Waters si vive in un contesto di eco-sistema produttivo che ha la stabilità, la diversità e la flessibilità degli ecosistemi naturali.
Il principio di riferimento è: massimo di osservazione e minimo di interferenza.
Sono stati individuati alcuni bisogni fondamentali a cui dare risposta: acqua, aria, cibo pulito, espressione spirituale, integrazione sociale, lavoro che abbia un senso, giochi sicuri, adeguata abitazione.
I residenti di Crystal Waters vivono oggi in profonda armonia con il loro ambiente.
Sono in grado ormai di “leggere” il tempo atmosferico, conoscere le abitudini riproduttive di alcuni animali, prevedere l’arrivo di uccelli migratori ed i cambiamenti nella direzione del vento. Forti di queste competenze, possono pianificare meglio la semina, la progettazione degli appezzamenti, l’uso dell’acqua ed anche alcuni aspetti della vita sociale.
La legna da ardere è prodotta integralmente in loco, dove viene anche lavorato il legname da utilizzarsi per le costruzioni comuni.
Molti residenti -tra i quali non mancano artisti e artigiani di talento, carpentieri, eco-costruttori e terapeuti “non convenzionali”- coltivano fiori o allevano animali, ma non sono ben accetti cani e gatti, per tutelare l’incolumità della fauna selvatica.
Un po’ in contraddizione con questa decisa propensione ecologica è il ricorso forzato dei residenti, in assenza di un adeguato trasporto pubblico, ad automobili e motociclette per spostarsi sul territorio.
Questa contraddizione è presente, come abbiamo visto, anche ad Auroville mentre si sta affrontando a Damanhur, sulle cui orme vuole muoversi anche Crystal Waters.
L’ecovillaggio è senz’altro più aderente alla propria propensione ecologica sul fronte dell’ecologia domestica.
Alcune abitazioni sono completamente autonome e dipendono in gran parte dal sole per i loro bisogni energetici, altre sono connesse al sistema elettrico centrale pur disponendo di proprie risorse alternative ed altre ancora usano un sistema di pannelli solari in rete, dando o prendendo energia a seconda della disponibilità e del consumo.
Grande importanza viene conferita, a Crystal Waters, all’educazione (sono attivi diversi programmi educativi per bambini ed adulti) ed alla consulenza per progetti eco-compatibili.
Vi si organizzano, inoltre, vendite per corrispondenza di prodotti della permacultura, libri e ortaggi biologici, ritiri di vario genere, corsi per permacultura e progettazione di eco-villaggi.
L’EcoCentre, costruito nel 2001, ospita corsi legati alla sostenibilità che, nel tempo, stanno decisamente migliorando riguardo a professionalità e comforts.
Può essere interessante segnalare che gli insegnamenti ecologici vengono impartiti in una costruzione che è, a sua volta, integralmente ecologica -dove l’acqua è raccolta, i rifiuti riciclati e l’energia autoprodotta; dove è fresco d’estate e caldo d’inverno- e che dunque rappresenta la realizzazione pratica e tangibile di quanto viene esposto in teoria.
Oggi Crystal Waters, uno dei primi eco-villaggi costruiti con i principi della permacultura, sta passando da uno stadio pionieristico ad un insediamento umano in grado di rispondere a un numero crescente di bisogni umani, sociali, spirituali, economici e formativi e sta instaurando rapporti sempre più cooperativi con il vicinato.
Ospita diverse attività commerciali ed organizzazioni, ad esempio: il Global Eco-village Network Oceania/Asia Inc, EcoLogical Solutions Ltd, Green Harvest e Crystal Waters Co-operative.
I visitatori sono generalmente ben accetti. Possono fruire di un’area attrezzata, di visite guidate e corsi, oltre a poter partecipare a molte attività comuni.
In chiusura può essere interessante segnalare che questo ecovillaggio ha riscosso buoni elogi del celebre fisico Fritjof Capra (che ho avuto l’onore di intervistare nel maggio 2005), più volte ospite sul suo territorio.

Crystal Waters Community Co-operative Ltd. Crystal Waters Permaculture Village
65 Kilcoy Lane Conondale, Qld, 4552, Australia
Tel +61 7 54944620
Fax +61 7 54944653
E-mail cwcoop@ozemail.com.au
E-mail cwcoop@malenynet.com
Sito Internet http://www.crystalwaters.org.au/

venerdì 7 agosto 2009

Benritrovato Bal Ashram!

Di seguito la newsletter dell'Associazione Anjali dal Bal Ashram (ashram dei bambini) di Varanasi, dove gli amici Lorenzo e Camilla, di Treviso, sono volontari a tempo pieno. I principali ambiti in cui sono impegnati sono la scolarizzazione (attraverso l'Anjali School che ha adottato il metodo pedagogico dell'Alice Project), l'accoglienza di bambini orfani, l'assistenza a donne in difficoltà e l'ecologia, attraverso la progressiva realizzazione di un eco-park.
Lorenzo e Camilla:


Varanasi, agosto 2009

Cari amici,
Nell'ultima newsletter di Aprile vi abbiamo salutato dal Bal ashram con una foto del fiume Gange luccicante per il sole splendente; ora rientriamo al Bal Ashram e ritroviamo la stessa immagine ma...con cielo monsonico e pioggia a catinelle.
Ahimè, vorremmo che fosse così ogni giorno ma la stagione delle piogge, oltre ad essere arrivata in ritardo, si preannuncia poco abbondante. Il caldo è veramente intenso ed umido. Tutto è secco e talvolta se il vento soffia ci si ritrova con la sabbia scricchiolante fra i denti. Appena arrivati, il fiume si poteva attraversare camminando da una riva all'altra; gli isolotti di terra (almeno quelli centrali) cominciano a ritirarsi ma il Gange è ancora secco, le rive deserte ed arse dal sole battente. I ghat (le scalinate della città vecchia) sono tutti scoperti, quando abitualmente in questa stagione non sono nemmeno percorribili a piedi perché completamente allagati.
Probabilmente a causa della stagione arida, il Bal Ashram non si è ancora “popolato” di tutti gli animaletti di cui vi avevamo scritto lo scorso luglio e solo qualche rospetto accenna timidamente ad apparire nelle ore notturne.
E' nella terra dell'eco park che abbiamo invece incontrato nuove splendide creature animali! Nonostante le alte temperature possiamo finalmente dire che Amrit Sagar (Oceano di nettare) questo il nome scelto per il progetto dell'eco park sull'altra sponda del fiume, ha messo le prime fondamenta.
Abbiamo considerato i lavori realmente cominciati da quando vi abbiamo trasportato la nostra preziosa ed artigianale carriola: qualcuno dice essere l'unica carriola in India!
Prima di cominciare qualsiasi attività è necessario recintare la terra: ora si stanno piantando dei pilastri che delimitano almeno il primo appezzamento.

La capanna è a due piani: sopra si dorme e sotto si custodiscono gli attrezzi di lavoro. Ma a causa di scorpioni (grandi come il palmo di una mano adulta – raccolti più di 48 esemplari in una giornata, alcuni dei quali anche dentro la capanna!) e cobra nascosti sotto le pietre assolate, i ragazzi sono tornati a dormire all'ashram ed abbiamo convenuto che fosse il caso di costruire un posto più sicuro per la notte.
Il posto è incantevole: quieto e silenzioso. Miriadi di uccelli diversi nei colori, nelle dimensioni e nei cinguettii sono i custodi del luogo. Un cane, ancora sfuggente, ha già trovato di suo gradimento capanna e persone, e pur mantenendosi a debita distanza pare abbia scelto di rimanere lì. Per la prima volta, dopo tanti racconti, abbiamo visto di persona il Nilgae (così si chiama in Hindi ma non sappiamo come tradurlo in italiano), considerato una specie di incrocio tra una mucca ed un cavallo. Un animale veramente grande, molto strano, selvatico e velocissimo, ghiotto di qualsiasi cosa, famoso per razzie notturne nei campi coltivati. La recinzione aiuterà anche a proteggere dalle scorribande di gruppo dei Nilgae appena cominceremo a coltivare la terra.
Ma torniamo all'altra sponda per raccontarvi della scuola. Il 1° luglio è iniziata la nuova stagione scolastica. Una bella “rinfrescata” al nostro scuola-rikshò che ha ripreso la sua attività!
Abbiamo preparato venticinque cartelloni che sono stati attaccati nei quartieri vicino all'ashram. Dopo solo due giorni, avevano già staccato la pubblicità dell'Anjali school. Abbiamo appurato che a qualcuno non piace l'iniziativa della scuola ma nonostante ciò, i nostri studenti sono tornati puntuali e in questa seconda settimana di scuola stiamo raccogliendo moltissime nuove adesioni con bambini che cominciano ad arrivare anche da zone più lontane dall'ashram.
Ora abbiamo la classe nursery, classe kinder garden, classe 1° e 2°.
I lavori nella nuova aerea destinata alla scuola continuano. Preferiamo aspettare che tutto sia terminato prima di spostare il materiale nelle nuove aule ed organizzare un'inaugurazione ufficiale di apertura.
Nuovi insegnanti si sono aggiunti al team. Annapurna insegna sempre ai più piccolini. Raju ha la classe prima ed al momento visto che le vecchie aule sono solo tre, fa lezione all'aperto sotto gli alberi. Sudhakar, che l'anno scorso aveva la kinder garden si è spostato in un altra scuola che ha deciso di adottare anch'essa il metodo del progetto alice. Al posto suo è arrivato Nagendra, anche lui ex studente alla scuola di Sarnath e ora insegnante.

Rajeev ha preso in mano invece la classe dei più grandi. Rajeev era stato in passato l'insegnante di Raju e Nagendra, ora lavorano insieme.
Siamo entusiasti della loro presenza così ispirante e di aiuto al Bal Ashram. Ringraziamo di cuore il Rotary Treviso che per l'intero anno coprirà le spese degli stipendi degli insegnanti.
Ritornare al Bal Ashram e riabbracciare tutti, bambini e staff, è stato molto emozionante.
Soprattutto vedersi venire incontro, camminando da solo, il piccolo Indra. Oramai sgambettando, gira non solo per tutto l'ashram ma si è fatto intraprendente, ed affronta da solo anche le scale!
Tutti i bambini, anche se siamo stati via solo per due mesi, ci sembrano molto cresciuti!
Amit, Deepak e Soham hanno ricevuto i loro occhiali nuovi: un caloroso grazie all'ottica da Forno di Quinto di Treviso, che dopo aver ricevuto le ricette prescritte durante le visite oculistiche dello scorso febbraio, ha montato tutte le lenti sugli occhiali che aveva già donato. Gli occhiali per gli abitanti del villaggio sono già stati consegnati mentre il resto sarà dato ai pazienti non appena riaprirà a fine mese il piccolo ambulatorio oculistico, gestito da Jaikrishna.
Un affettuso pensiero a tutti gli amici e conoscenti che in questi due mesi in Italia hanno partecipato alle attività dell'associazione Anjali e ci hanno sostenuto. Grazie, perché la crescita di questi progetti è possibile con la generosità ed il supporto di tutti voi!

A presto,
Camilla e Lorenzo – Bal Ashram, Varanasi

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martedì 4 agosto 2009

Un nuovo mondo è possibile.

Un incontro interculturale ed interreligioso
alla scoperta del volto femminile del divino per un futuro di pace


Mercoledì 2 Settembre dalle ore 15.30 alle 20.30, a Roma, presso l’Auditorium Seraphicum si terrà un incontro con esponenti di diverse culture e percorsi spirituali, provenienti da tutto il mondo.

L’evento è a cura dell’Associazione Culturale L’Au.De.Nu.Mi. con il contributo del Comune di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione e con il patrocinio del Consiglio Regionale del Lazio e della Provincia di Roma.


In questo nuovo millennio le nazioni, le società, le famiglie manifestano un malessere diffuso e profondo che sembra non avere soluzione. Tensioni, conflitti tra i popoli ed esplosioni d’insofferenze razziali: viviamo una fase particolarmente difficile. Sono in molti a pensare che un mondo ormai vecchio è alle nostre spalle, ma non è ancora chiaro come sarà quel “nuovo” mondo che tutti noi auspichiamo. Una cosa è certa: una grossa ipoteca graverà sul nostro futuro se il cambiamento non avverrà in direzione di una complessiva “pacificazione”. L’intento di questa giornata, ospitata nel prestigioso Auditorium Seraphicum, è di riflettere sulla possibilità di trovare un punto d’incontro esplorando alcune esperienze culturali e religiose legate ai valori del “femminile” nella vita interiore e nella sfera divina, Da Maria per i cristiani a Mariam per i Musulmani, da Sakti per gli induisti a Tara per i buddhisti, per non parlare della Shekkinà per il mondo ebraico, noi vediamo che, pur nelle differenze di linguaggi e di simboli, vi è in comune l’immancabilità del femminile quando ci si rapporta alla sfera divina; spesso intorno a queste figure o entità femminili si muovono anche regole sociali e religiose simili. Risulta storicamente che società cosiddette matriarcali, più o meno recenti, siano meno conflittuali e più inclini alla relazione e al pluralismo effettivo. Le economie di queste società, basate sul rispetto di “Madre Terra”, tendono alla condivisione dei beni ed alla “gift economy”. E’ anche bene ricordare che molte figure di sante e di mistiche hanno spesso travalicato le specificità religiose e culturali dei propri contesti.
Dovremmo riconoscere che si è andato in parte perdendo “l’antica” saggezza che ci legava a Madre Terra; dovremmo in un certo senso considerarci un pò “madri” della nostra”famiglia umana” ed in qualche modo degli altri viventi e del pianeta stesso, valorizzando quelle qualità “femminili” insite in ogni essere umano. C’è insomma un mondo “antico” che può essere osservato, amato e in una certa misura, recuperato anche per le nuove generazioni, nella certezza che “Un nuovo mondo è possibile”.
L’evento si svolgerà a Roma ,Mercoledì 2 Settembre 2009, presso l’ Auditorium Seraphicum, in Via del Serafico, 1 a partire dalle 15,30 e sarà gratuito ed aperto a tutti.

Interverranno esponenti di diverse culture e percorsi spirituali, provenienti da tutto il mondo:
Sri Tathata grande saggio indiano e maestro della tradizione del Sanathana Dharma;
Padre Ernesto Piacentini, insigne teologo francescano che da anni si adopera per il diaologo interreligioso;
Il Venerabile Ghesce Thueten Dargye maestro residente dell’Istituto Samantabhadra di Roma;
Rabbi Barbara Aiello esponente dell’ebraismo progressista, unica donna rabbina in Italia;
Sheikh Burhanuddin maestro della tradizione Sufi, dell‘ordine Naqshbandi, tra i più autorevoli e antichi.

Inoltre Shobha, affermata fotografa che da sempre divide la sua vita tra l’India e l’Italia, attraverso le sue immagini e un video, racconterà Mother India, un centro per la fotografia e non solo, da lei fondato a Goa.

La musica sarà curata da Oscar Bonelli con la partecipazione straordinaria della soprano Letizia Calandra.

Un nuovo Mondo è possibile è organizzato in collaborazione con la Tathata Foundation, insieme all’Associazione di Promozione Sociale Sufi, La Via del Cuore, a Religioni per la Pace, all’Istituto Samantabhadra, Centro Studi di Buddismo Tibetano, alla Rete Italiana Donne di Fede e con la collaborazione della Fondazione Shanti Mandir e del Tathata Dharma Vrindham,

CENA INDO/TIBETANA
Su prenotazione sarà possibile degustare piatti della tradizione indo/tibetana a cura dell’Istituto Samantabhadra di Roma. Per informazioni: samantabhadra@samantabhadra.org oppure cell. 347 5416206 – 335 6583640, entro e non oltre il 31 Agosto.

Per informazioni sulla giornata:

Segreteria Organizzativa Laudenumi:
laudenumi@gmail.com
marinadfb@libero.it
www.laudenumi.it
cell. +39 3396080061- +39 3391218507

domenica 2 agosto 2009

Falco ed il risveglio, dinamico, della "divinità curiosa".

Di seguito un'intervista di VivereAltrimenti a Oberto Airaudi (Falco), fondatore dell'esperienza comunitaria di Damanhur, nella Valchiusella, in Piemonte.
"Un esperimento che riparte dalle basi della società", commenta Franco Ferrarotti, decano della sociologia italiana, "la comunità concreta naturale".
Credo meriti menzionare, di passata, che Damanhur si è resa celebre per i suoi Templi dell'Umanità: una grande costruzione ipogea scavata a mano nella roccia dai [suoi] cittadini [oggi circa seicento] e definita da molti come "ottava meraviglia del mondo".
Particolare attenzione, nel corso dell'intervista, è stata posta sul presente ed il futuro del vivere in comunità intenzionali ed ecovillaggi, per alimentare un dibattito che possa essere via via più plurale e fecondo.


Volevo iniziare con una domanda di natura biografica. Volevo sapere quando ci sono state, nella sua vita, le prime avvisaglie di quello che sarebbe poi stato il suo percorso spirituale.


Verso i 14 anni avevo l’idea di creare una società alternativa, facendo le prove generali. Io sono un autodidatta per molte cose, comunque: niente di particolare se non la volontà di creare una comunità attraverso quelle che sono le regole effettive dell’esoterismo che funzionano solo per passaggio verbale.

Ha avuto un maestro?

No, non ne ho avuti e credo non ce ne possano e non ce ne debbano essere. E’ tutto dentro a ciascuno di noi.

Leggendo il libro La divinità curiosa, ho visto che l’essere umano è presentato come una divinità. In che modo è giunto a questa conclusione?

L’essere umano può far affiorare la divinità che ha in sè con uno sviluppo effettivo dell’evoluzione spirituale ma bisogna puntare in alto, identificarsi con la divinità smettendola con una tradizione che vuole suddividere quello che è dentro e quello che è fuori. Bisogna cominciare a modificare questa idea, puntare su qualcosa di più che non la semplice obbedienza a regole che vengono determinate dalla formazione di religioni e cose di questo genere. Noi, per esempio, siamo un movimento spirituale ma non una religione perchè non ci sono elementi che non possano essere modificati nel tempo.

Riguardo la teoria della fisica spirituale, lei l’ha elaborata attraverso un processo di tipo spirituale, intuitivo, esoterico( dunque attraverso la trasmissione orale cui accennava prima) o in che maniera?

Tutto quello che facciamo si basa su verifiche, il più possibile, dunque an che quello che ha a che fare con vari principi paranormali; si va a vedere se c’è qualcosa che funziona, se è verificabile. Lo stesso vale per tutto quello che attiene la ricerca medica ed è quello che facciamo con i nostri medici. Non può esserci l’illuminazione della notte per poi dire, la mattina: la nuova terapia è questa! No, si fanno tutte le verifiche del caso, ci sono dei protocolli, eccetera. Faccio l’esempio medico perchè è il più comprensibile. Possiamo dunque parlare di un metodo scientifico, sottoposto a verifiche e che non si avvale solo di intuizione poi, nella tradizione, ci sono tantissime cose che sono state messe da parte, non utilizzate perchè i tempi non erano pronti.

Voi come affrontate il problema che la scienza a volte si areni di fronte alla non dimostrabilità di alcune ipotesi?

Oggi si può parlare di elettricità pur non sapendo ancora esattamente di cosa sia fatta. Eppure è parte integrante della scienza, della conoscenza, della ricerca. Partiamo anche dal presupposto che, quando viene utilizzata la parola fede, secondo noi è una semplice interruzione in una valutazione in attesa di migliori dati. Non significa credere che una cosa sarà sempre così e non potrà mai essere modificata. È esattamente il contrario. Per questo lavoriamo sul fronte di scienze differenti. Quando si parla di applicazioni, di sistemi, di azioni su aspetti biologici, è il laboratorio che deve verificare se funzionano. Ci devono essere dei dati oggettivi. Per questo abbiamo tanti laboratori a Damanhur, per quanto riguarda la fisica, la biologia e tutto il resto.

In virtù di questo riuscite ad interloquire in maniera soddisfacente con gli ambienti scientifici tradizionali?

Facciamo vari convegni, anche di alto livello. L’ultimo, il sedicesimo, era sulle “Nanotecnologie e le applicazioni dirette da un punto di vista medico”. Convegni che danno anche crediti formativi a chi li frequenta. Siamo interessati a vari campi, ad esempio che abbiano a che fare con gli aspetti politici: formazione di nuove opportunità. Oggi si pensa esistano solo democrazie o dittature. Invece ci sono varie alternative. Stiamo anche cercando di raccogliere sufficienti firme per una legge che sancisca il funzionamento effettivo delle comunità perchè ci troviamo sempre a cavallo di situazioni assurde. Abbiamo fatto vari confronti con la magistratura, a questo proposito, così come anche convegni impegnativi, molto belli. È bello approfondire le cose con una assoluta apertura.

C’è un filone di pensiero scientifico o esoterico cui si sente particolarmente debitore? Pensavo, ad esempio, alla psicologia transpersonale o alle dottrine misteriche…

No, sono grandi filoni che spesso hanno sviluppato delle mode e le mode sono aleatorie: cambiano, si trasformano, diventano qualcos’altro. Ma anche l’atteggiamento del ricercatore non può essere, a sua volta, prevenuto. Quando si dice: la scienza deve verificare, d’accordo, deve verificare con uno scetticismo chiaro ma non con uno scetticismo prevenuto anche se questo è un atteggiamento costante. Si influenza la ricerca stessa con questo atteggiamento. Credo meriti menzionare che abbiamo anche delle persone in un centro di ricerca medica che interloquisce con la regione Piemonte per far verificare costantemente i diversi tipi di medicina. Un lavoro svolto in una trattativa costante con la medicina “ufficiale”, guardando costantemente negli occhi il ricercatore, il medico particolarmente conosciuto, perchè bisogna trovarlo un punto d’incontro, non è sufficiente che la medicina si trinceri dietro un sistema difensivo per cui è valido solo quello che avviene nel suo ambito, poi la maggior parte delle persone che assistiamo sono medici. Si sono rese conto che come viene raccontata la medicina e come viene applicata è qualcosa di molto lontano dalla realtà. Se inizi a studiare medicina, convinto che il metodo scientifico sia la comprensione di tutto e poi inizi a fare il medico, ti rendi conto che le persone non sono contenitori in cui riversare medicine. Molti se ne rendono conto, altri cedono al ragionamento: la mia famiglia ha speso tanto per farmi studiare per cui, adesso, bisogna recuperare. Fine del discorso! C’è chi mantiene un’etica e chi invece se ne dimentica. Manca questa volontà di collegamento con tutto quello che è possibile, perchè non può essere possibile altro? La ricerca si basa sull’impossibile, non sull’evidente!

Il sociologo Massimo Introvigne collega Damanhur alla tradizione degli antichi movimenti di saggezza. Lei come vuole commentare?

L’ho letto anch’io, lui senz’altro ne sa più di me, è il suo ambito di ricerca. È una persona simpatica che ogni qualche anno vediamo, porta vari sociologi in visita, siamo un po’ il fiore all’occhiello, in Italia, dei nuovi movimenti religiosi. Comunque non saprei collocare Damanhur, capisco che per uno studioso sia necessario trovare una collocazione e mettere Damanhur in un settore ma non credo questo sia possibile, bisognerebbe aprire un settore a parte e metterci dentro movimenti simil-damanhuriani perchè siamo in contrasto con troppe cose: non c’è il guru che ti dice cosa fare, le persone devono assumere delle responsabilità, devono essere in grado di mantenersi e partecipare alla società esterna quanto alla nostra quindi devono far parte della protezione civile o croce rossa o pompieri eccetera. Possiamo dunque parlare di un impegno sociale organizzato in una struttura comunitaria dove l’individuo ha grandi responsabilità. Quando proviamo a definirci non è facile neanche per noi. Cosa è Damanhur, una nazione? Sì, il termine nazione può essere utilizzato come forse la nazione dei Lakota, con una sua cultura distintiva per scelta pur partecipando alle altre culture ma è qualcosa che cerca sempre un’elaborazione continua. Non siamo mai arrivati da qualche parte, siamo appena partiti da qualcos’altro.

Mi può dare qualche coordinata riguardo l’università che avete qui a Damanhur?


Vediamo: si occupa di tutte quelle ricerche che hanno a che fare con il paranormale classico, vedere cosa è vero e cosa non lo è, quali sono le potenzialità sviluppabili nell’individuo con particolari indirizzi e settori, tutto quello che può essere definito “esoterismo” ma anche l’ipnosi che è un settore molto impegnativo in cui sono coinvolti medici importanti. Sono vastissimi i settori di ricerca e poi vengono approfondite le varie tematiche, con la presentazione di varie tesi. L’obiettivo è dare una formazione che rimanga sempre aperta, una formazione che sia il presupposto perchè parta qualcosa di nuovo; non è possibile limitarsi a ripetere il passato. In tutti i campi c’è questo sviluppo, nella fisica, nella ricerca applicata e vengono fuori anche dei brevetti. È più un centro-ricerche che la classica formazione universitaria, standardizzata.

Parliamo ora di comunità. Secondo lei, possono le comunità e gli ecovillaggi essere “una soluzione per il futuro del pianeta”, per citare il titolo di un vecchio testo?


Possono se rispondono in maniera affermativa ad una serie di quesiti molto chiari:

A) Se sono capaci a collaborare tra di loro cosa che già, in genere, non funziona. Nel 1979 abbiamo fatto il primo convegno sulle comunità per convincere varie comunità che esistevano in quel momento a collaborare, a scambiare cose fisiche: io ti do l’olio e tu mi dai il grano, ad esempio. Se non c’è uno scambio fisico ma solo uno di sorrisi e di saluti non serve assolutamente a nulla.
B) Stabilire un sistema economico comune, per questo motivo stabilimmo il credito a suo tempo.
C) Dovrebbero avere la capacità di offrire dei servizi in alternativa a quelli della società ordinaria. Almeno le scuole, per dare una formazione più raffinata, più avanzata, più seria ai bambini. Noi, con la scuola damanhuriana, arriviamo fino alla terza media, ci piacerebbe arrivare un po’ più in là.
D) Insomma, dovrebbero riuscire a standardizzare alcune cose, pur nella diversità indispensabile da parte di ciascuna. Ci vorrebbe un’unione delle comunità che sia avanzata e di esempio alla Comunità Europea. Sappiamo, del resto, che molte comunità sono comunità anarchiche; rifiutano lo scambio, rifiutano la tecnologia, pur dipendendone per molte aspetti. E’ una moda.

Sì, io nel nuovo libro che sto scrivendo sulle comunità intenzionali e gli ecovillaggi sto evidenziando, criticamente, questi aspetti. Li considero “scorie degli anni ‘70”.

Sono d’accordo. Si debbono fare dei passi in avanti. Ad esempio, noi facciamo la ricerca sul DNA di tutti i cittadini perchè così si possono prevenire, con 40 anni di anticipo, lo sviluppo di alcune malattie. Lo stato lo farà fra qualche decennio. Ci sono tantissime cose che possono essere utili: insistere sulle energie alternative, tante cose per cui ogni ecovillaggio può essere in grado di non consumare più di quanto produce, almeno puntare su questi obiettivi e poi su uno scambio effettivo, non so: i bambini possono andare a scuola e conoscere anche le altre esperienze. Noi abbiamo una scuola itinerante apposta, per poter allargare questi aspetti, altrimenti i bambini che nascono in comunità rischiano di credere che il mondo sia quello o che il paesino vicino sia New York, di sviluppare idee molto limitate…

…io credo che un luogo comune che debba essere smitizzato sia il rifiuto del mondo che è stato spesso legato alle esperienze comunitarie (sto approfondendo, ad esempio, la storia degli hutteriti, importante movimento comunitario di matrice protestante che presenta tratti marcati di questo rifiuto). È sicuramente un aspetto da superare in una prospettiva in cui la comunità non sia più il bacino degli eccentrici ma, non dico la norma, quanto, almeno, un’avanguardia…


L’avanguardia anche per ricercare strutture sociali nuove. Bisognerebbe applicare lo stesso modo di pensare che si utilizza in ambito ecologico: il mondo va bene se c’è varietà. Se le specie si riducono, il mondo va male. Da un punto di vista sociale e politico, il mondo va male perchè le specie sono diventate dei cloni di qualcosa che viene chiamato democrazia ma che con la democrazia ha poco a che fare.

Che idea si è fatta della situazione attuale del mondo comunitario, in Italia ed in Europa? Dove crede si possa migliorare?

A me sembra, francamente, che partano tutti dal presupposto che qualcuno debba dare loro qualcosa e questo è l’errore assoluto. Bisogna dare! Per il resto: ognuno deve fare la propria esperienza. Noi facciamo vari corsi per aiutare a sviluppare alcune comunità e vengono fatti perchè coloro che iniziano con questo percorso evitino almeno i problemi più grossi: come non farsi sfruttare immediatamente dalle banche, per fare un primo esempio. Insomma, evitare le trappole economiche, politiche e religiose che lavorano spesso insieme per eliminare questi germogli che dovrebbero invece svilupparsi. Ciascuno dunque è giusto faccia le proprie esperienze ma essendo almeno disposto a confrontarle.

Avviandoci alla conclusione, che ruolo ha oggi a Damanhur?


Io sono un consigliere. Non ho ruoli pubblici, diretti, elettivi, rituali quindi il mio compito è quello di essere un contribuente economico e di idee allo sviluppo. Cerco di dare suggerimenti mantenendomi nella condizione dell’osservatore osservato. È questo l’unico ruolo in cui mi possa realmente ritrovare, per ovvi motivi. Damanhur è nata in modo tale che non potesse scomparire con la mia scomparsa e faccio sempre di tutto perchè questo continui ad accadere. C’è sempre colui che cerca di identificarmi con una figura paterna ma nel momento in cui si vogliono formare delle persone responsabili non si può essere una figura paterna. È un’incongruenza che comunque va affrontata dunque gioco il mio eventuale prestigio nei suggerimenti.

Per il futuro di Damanhur? Auspici, progetti?

Progetti tantissimi, ostacolati soprattutto dalla burocrazia: vogliamo costruire un parlamento dei popoli, abbiamo già il posto, il progetto, cominciamo ad avere il denaro necessario. Sarà collegato ai templi attuali con una serie di sistemi sotterranei, con una biblioteca che sarà la più importante al mondo per i libri sull’esoterismo ed altre cose di questo genere. I progetti sono belli, li avremmo già realizzati se non fossimo stati ostacolati.

Che rapporti ha avuto con altri fondatori o comunque protagonisti di altre esperienze comunitarie importanti (Findhorn Foundation, Auroville, Crystal Water).


Io conosco molte persone ma in maniera molto defilata. Non partecipo, in genere, ad incontri importanti, a livello comunitario; cerco di apparire il meno possibile.

Vorrei piuttosto, in conclusione, aggiungere qualcosa sui Templi dell'Umanità. Il Tempio viene utilizzato come esempio e come stimolo per chi vuole formare comunità, sognare pensando: se l’hanno fatto loro lo possiamo fare anche noi, possibilmente evitando gli errori, le ingenuità che i damanhuriani hanno fatto nel frattempo. Auspico venga fatto qualcosa di simile e di diverso. Si conta di avere sempre più visitatori, come sta avvenendo e che questo pellegrinaggio serva a indurre il pensiero: c’è anche altro, ci sono anche altre possibilità. Modestamente penso che noi siamo la Firenze delle comunità. Abbiamo strutture, monumenti, i Templi in primis, che altri non hanno ancora sviluppato ma che possono sempre utilizzare, ad esempio nel momento in cui vogliono celebrare una festa o conferire…noi abbiamo sempre dato disponibilità di spazi. Una comunità oggi non può essere chiusa se non nel primo anno della propria formazione. Una comunità deve servire alla Comunità, deve essere al servizio altrimenti non avrebbe neanche senso. Non può essere, semplicemente, un luogo dove fuggire!